Viaggio in Italia di Roberto Rossellini

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VIAGGIO IN ITALIA di Roberto Rossellini

Viaggio in Italia di Roberto Recensione

di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Altro grande must del cinema italiano firmato Rossellini è sicuramente "Viaggio in Italia". Una coppia inglese dell'upper middle class, Alex e Katherine Joyce, decide di recarsi nel sud Italia per una questione di eredità: vendere una villa ereditata da uno zio che è rimasto a vivere a Torre del Greco dopo la fine della guerra. Fin da subito mostratici come due persone molte diverse, i coniugi, sposati da otto anni, hanno la possibilità, per la prima volta dopo la luna di miele, di rimanere soli e riflettere sulla loro vita, in particolare come coppia e scoprono di essere molto distanti. Approfittando del viaggio in Italia, iniziano a riflettere e interrogarsi sulla loro visione del mondo, sul modo di rapportarsi tra di loro, con le persone e anche con il paesaggio stesso. Per questo decidono di vivere questo viaggio in maniera diversa: Katherine, turbata dalla freddezza del marito, inizia a visitare da sola musei e siti archeologici che, però, non fanno che alimentare in lei un senso di tristezza e irrequietezza; Alex, dal canto suo, stufo del romanticismo della moglie, si reca a Capri, dove tenta di corteggiare, invano, una giovane francese. Quando i due si ricongiungono prendono la decisione di divorziare, ma, di ritorno dalla visita agli scavi di Pompei, si imbattono in una processione che li travolge e li separa, allontanando Katherine dal marito. Questi, nel tentativo estremo di ritrovare la moglie, supera ogni ostacola e la abbraccia, quasi come se l'avesse, in qualche modo, salvata. A questo punto entrambi riconoscono i propri errori, confessando di amarsi. La processione prosegue, ma questo riavvicinamento finale sembra lasciar presagire una sorta di lieto fine per i due protagonisti che, probabilmente, riusciranno a mettere da parte le varie incomprensioni e a lasciarsi sovrastare dall'amore che nutrono l'uno per l'altra. Sono tante le chiavi di lettura e le analisi che si possono fare per un film che non ebbe, sul momento, grande successo, ma che, solo a distanza di anni, è stato riscoperto e rivalutato a dovere. Innanzitutto, con questo film, Rossellini pone al centro la sua ricerca dell'umanità e della femminilità vera e autentica, ben lontana dal divismo tipico di Hollywood che ha voluto disegnare a proprio piacimento le star, rendendole soggiogate alle volontà e ai desideri del pubblico. Un chiaro riferimento è, poi, quello al grande scrittore irlandese James Joyce e al suo famoso racconto dal titolo "I morti", in cui il protagonista Gabriel, dopo una lunga notte di festa, comprende la reale importanza dei morti nella vita di ciascuno. Allo stesso modo anche i due protagonisti della vicenda mostrata da Rossellini sembrano comprendere l'importanza, l'immensità, ma anche l'ineluttabilità del passato. Interessante è sicuramente il momento che vede protagonista Katherine in visita alla città e, in particolare, al Museo Nazionale di Napoli, all'interno del quale, complici le sagge inquadrature del regista, i suoi pensieri cambiano notevolmente. Anche lo spettatore, seguendo lo sguardo della donna e osservando i dialoghi muti che si instaurano tra lei e le opere d'arte, è immerso in questi pensieri e comprende quanto la vita sia effettivamente breve e quanto sia minuscolo l'uomo di fronte allo scorrere del tempo e al susseguirsi dei secoli. Chiunque si ritrova a guardare il film vede le opere, le statue, i resti di Pompei e tutto ciò che ci viene mostrato attraverso il filtro della turista straniera che entra in contatto per la prima volta con questa parte di storia e lo fa in maniera oggettiva perché probabilmente non ne era a conoscenza, ma lo fa anche in maniera soggettiva inserendo le proprie emozioni e il proprio punto di vista in relazione a ciò che le sta accadendo. L'abilità di Rossellini risiede nel non fornire una chiave di lettura allo spettatore che non conosce il suo punto di vista, ma nell'invitarlo ad osservare, insieme alla protagonista, ormai distrutta e spenta per aver appreso, indirettamente, una serie di cose che, solamente poco prima, le sembravano distanti. Un elemento sicuramente da segnalare e che esula dall'analisi tecnica del film, è la presenza di Ingrid Bergman, con la quale Rossellini instaura un sodalizio professionale e sentimentale, ad incarnare il personaggio di Katherine. Un viaggio interiore è quello che, di fatto, compiono i due protagonisti. Si tratta di un viaggio fisico e reale perché si recano in Italia, ma anche di un viaggio metaforico dove l'Italia rappresenta la netta contrapposizione con il loro modello di vita. Ma il Bel Paese rappresenta anche, in un certo senso, il passato, la culla di una storia importante che, sia che torni che rimanga invariata, è comunque avvenuta e non può essere modificata in alcun modo. Quello che Rossellini vuole fare è far riflettere lo spettatore (attraverso e insieme ai personaggi) che si riscopre proprio grazie alla visione di questa storia. Nonostante si inserisca all'interno del neorealismo, "Viaggio in Italia" è un film che, in qualche modo, si discosta da ciò di cui Rossellini è, a ragione, considerato uno dei pionieri perché, pur rifacendosi ad alcuni elementi inevitabili, pone l'accento su aspetti diversi rispetto ai suoi precedenti film o a quelli di altri autori, ma comunque collocabili all'interno della "corrente". Alla fine ciò che interessa al regista non è la storia (anzi arriviamo quasi a perdere una vera e propria sceneggiatura), ma il susseguirsi e il concatenarsi della storia che prosegue attraverso vari spunti. Un aspetto che fa quasi sorridere è proprio la conclusione del film. Il riavvicinamento e la presunta presa di coscienza del passato tra i due protagonisti avviene in concomitanza con una processione che si può leggere come la degna conclusione di quello che è (stato) a tutti gli effetti un pellegrinaggio, ma, in maniera più ironica, fa riflettere perché sembra quasi rimandare all'idea di un miracolo. Alla fine il miracolo, appunto, è la riappacificazione della coppia e nient'altro. Si può, quindi, concludere affermando che Rossellini compie una serie di operazioni, apparentemente distanti tra loro, ma in realtà correlate e concatenate con lo scopo di mostrare più aspetti e far riflettere lo spettatore sulla caducità della vita, sull'ineluttabilità del passato e sui rapporti umani. Tanti livelli e sotto livelli ci vengono mostrati nel corso della narrazione, mescolando saggiamente oggettività e soggettività attraverso gesti, parole e azioni che lo spettatore può decidere se cogliere o meno. Resta il fatto che, nonostante le iniziali critiche, probabilmente dovute ad una mancanza di comprensione del testo e soprattutto del sottotesto rosselliniano, il film segna un momento importante nella storia del cinema ed è tutt'ora considerato un'opera indelebile. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.


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