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Veronica recensione] - Qualcuno ricorda Paco Plaza? Protagonista agli inizi degli anni 2000 della new wave dell'horror spagnolo, dopo il successo di REC la sua carriera sembrava essersi arenata nell'ostinata e incomprensibile volontà di realizzare infiniti sequel a dispetto della crescente indifferenza da parte del pubblico. Invece nel 2017 tornava dietro alla macchina da presa per realizzare questo Veronica, dimostrando da un lato di non aver perso il tocco ma dall'altro, come un virus contagioso, di aver sempre REC nella testa. L'incipit di Veronica infatti ricorda l'incipit di REC: notte piovosa, un condominio, delle urla, l'arrivo dei lampeggianti della polizia, soggettiva, camera a mano, gli agenti che salgono le scale e fanno irruzione in un appartamento. Poi, stacco, "4 giorni prima" in sovrimpressione, clima e ambientazione completamente mutati: ci troviamo ora nei pieni anni '80 (gli Heroes del Silencio), nella vita di Veronica (la giovane attrice spagnola Sandra Escacena), una normale liceale quindicenne che vive in provincia di Madrid, né bella né brutta, con gli scazzi ribelli tipici di un'adolescente, una madre troppo indaffarata e 3 fratellini di cui prendersi cura. Qui alla scuola di cinema parlerebbero di "time lock", ovvero di un espediente di scrittura che colloca nel tempo una scadenza, i 4 giorni suddetti, per cui tutto quello che si vedrà d'ora innanzi si vedrà in funzione di quel momento. Nella fattispecie, Veronica sarà come un lungo e progressivo crescendo di suspance teso a condurre lo spettatore alla scoperta di quell'istante fatale, dove il crescendo cresce proporzionalmente all'avvicinarsi della scadenza. Abbandonata l'atmosfera claustrofobica dell'incipit per una narrazione più distesa, non appena sbuca dallo zainetto della nostra protagonista una famigerata tavola Oujia, gran parte della suspance va a farsi benedire in quanto già si intuisce cosa aspettarsi: oggetti che si spostano da soli, inquietanti scricchiolii, porte che sbattono, incubi ambiguamente sospesi tra sogno e realtà, sinistre apparizioni che si fanno via via più concrete. Senza tuttavia eccedere in effetti ed effettacci splatter, immagini sintetiche, boati che sfondano l'impianto audio, puntando al contrario su un' atmosfera fatta di attesa che mantiene il racconto entro i binari di una plausibile eccezionalità. Puntualmente tratto da "fatti realmente accaduti", ossia il libro di memorie scritto dall'investigatore che seguì il caso, Veronica centra infatti il bersaglio nella misura in cui il buon Plaza riesce a calare la vicenda in un clima di quotidiana normalità che conserva anche quando piega decisamente verso risvolti ultraterreni, spiccatamente horror, normalità che ovviamente è funzionale ad accentuare in chi guarda il processo di identificazione. In tal senso si spiegano le immagini finali con le foto vere accostate alle foto fittizie di sorprendente somiglianza.
(La recensione del film "
Veronica" è di
Mirko Nottoli)
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