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Vergine giurata recensione] - Siamo nel profondo nord dell'Albania, l'aria è rarefatta, respiro affannato e gocce di sudore segnano l'espressione malinconica di una donna che sta per lasciare la sua terra.
Raggiunta l'Italia, la voce metallica di un altoparlante conferma ad Hana che è arrivata a destinazione. Ma questa donna, dai tratti androgeni, si fa chiamare con un nome maschile, Mark, e all'indirizzo appuntato sul biglietto che stringe tra le mani, abita una famiglia che non attende il suo arrivo.
Vergine Giurata, presentato al festival di Berlino, racconta la storia di Hana Doda (Alba Rohrwacher) una ragazza cresciuta nella società maschilista e arcaica delle montagne albanesi che nega al sesso femminile diverse forme di libertà e indipendenza. Dalle più basilari espressioni della persona, come quella di pronunciare pareri contrari o diversi dal padre, marito o fratello, a quelle che permeano la vita negli aspetti più quotidiani, come la possibilità di muoversi da sole tra i boschi, di bere, o fumare. Hana non ha uno spirito docile, non riesce a piegarsi a queste forme di totale abnegazione. Per questo preferisce farsi Vergine giurata, potrà così godere degli stessi diritti degli uomini, ma dovrà fare un voto di castità assoluta, sarà una donna vestita da maschio che non potrà amare né il suo stesso sesso rinnegato, né quello opposto sotto le cui spoglie si sta impegnando a vivere.
Attraverso continui flash back, che come punti e virgole scandiscono il ritmo di questo racconto liberamente ispirato all'omonimo romanzo di Elvira Dones, scopriamo che Hana, rimasta orfana, viene accolta dalla famiglia di Lila. Le due adolescenti crescono sviluppando un affine spirto selvatico, ma mentre Hana con il giuramento della vergine rimarrà fedele e dentro le regole della sua comunità, Lila abbandona per sempre l'Albania ribellandosi a tutte le leggi del Kanun, l'antico codice consuetudinario albanese.
Mark, una volta in Italia, troverà una casa e un lavoro, grazie all'aiuto della figlia di Lila (forse il personaggio più riuscito del film) tornerà a dare respiro alle forme di Hana troppo a lungo imprigionate e rinnegate, attraverso il sesso abbandonerà quella solitudine forzata del corpo privato all'età di 19 anni di qualsiasi contatto con l'atro.
Si parla di diritti di genere, di identità sessuale, di libertà personale, ma tutto finisce per essere amalgamato e posto sullo stesso piano. Anche la cultura albanese rischia di essere appiattita e ridotta a un sistema teocratico dove non trova spazio la dignità delle sue radici.
Un montaggio sincopato e una fotografia un po' patinata confezionano ad arte il film d'esordio della giovane regista, onesto nelle intenzioni, ma un po' meno riuscito e sincero nelle immagine didascaliche con cui le traduce. Viene da chiedersi quale tipo di sessualità è davvero rimasta repressa insieme alla fascia che le opprimeva il petto? Ribellione e fuga come si conciliano nel percorso di Mark? Quale prezzo ha la riscoperta di Hana sradicata dalla sua terra di origine?
Il sorriso dolce, ma malinconico che unisce l'abbraccio di Lila e Hana forse racchiude le risposte.
(La recensione del film "
Vergine giurata" è di
Clara Gipponi)
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