di M. Marescalco
[
Underwater recensione] - Una delle poche certezze del panorama cinematografico contemporaneo riguarda la figura attoriale di Kristen Stewart, sempre più in grado di muoversi in modo spericolato tra produzioni indipendenti e prodotti americani di buon livello. In barba a chi le rimprovera uno scadente bagaglio espressivo, l'interprete è stata da poco eletta dalla Hollywood Critics Association come attrice del decennio. E, in effetti, ad onor di cronaca, la Stewart ha prestato il suo talento ad autori quali Walter Salles, Olivier Assayas, Woody Allen ed Ang Lee. In Europa, l'attrice è salita alla ribalta grazie ai suoi ruoli fantasmatici in Personal Shopper e in Sils Maria. Nonostante una straordinaria capacità nell'utilizzo del suo corpo e un magnetismo attoriale degno di onori, Kristen Stewart fatica ad entrare nei cuori dei cinefili medi. E Underwater, probabilmente, contribuirà alla causa in modo ulteriore.
In fondo all'oceano, un gruppo di scienziati sopravvive all'esplosione di una base sperimentale di perforazione. Tutti insieme, provano a raggiungere una piattaforma non più utilizzata per usufruire di alcune capsule di salvataggio. A guidare il gruppo sono un capitano interpretato da Vincent Cassel e Norah (per l'appunto, Kristen Stewart), che, in mare, ha perso il proprio cuore. Il team avanza lentamente verso il suo obiettivo ma si accorge di non essere solo. Le profondità oceaniche, infatti, sono abitate da stranissime creature partorite da un mostro primigenio e ctonio. Nascosto nell'ombra, l'enigma manifesterà tutta la sua forza primitiva e misteriosa.
Molto probabilmente, ci sarà chi rintraccerà in questo film l'ennesimo esempio della recitazione monotona della sua attrice protagonista. Eppure, lontano dal mondo del blockbuster hollywoodiano, finalmente, Underwater rappresenta un prodotto fiero del suo carattere da serie B, orgogliosamente aggrappato ai jump-scare quali meccanismi che favoriscano la progressione dello sviluppo narrativo e costruito sulla dilatazione della suspense. Per buona parte della durata del film, il buio inonda la vista dello spettatore. E, più che il buio in sé, a colpire l'occhio è il viscoso fondo dell'oceano. Sono l'opacità dell'acqua e i residui che vi galleggiano a rendere pressochè impossibile ogni movimento all'essere umano. Lontanissimo dalle riflessione sull'universo mediatico fatte proprio da un titolo quale Life, il film con Kristen Stewart porta in scena un Alien nel mondo sommerso. La stessa protagonista è fortemente derivativa dalla figura di Ellen Ripley, la madre di ogni donna cazzuta.
Nonostante nel finale, Underwater provi la costruzione di una serie di approfondimenti psicologici un po' abbozzati ed abbandoni la propria aura da serie B nuda e cruda, il film ha il coraggio di portare in scena una conclusione che va controcorrente e che abbraccia una buona dose di cupezza. Insomma, i fan del genere si divertiranno.
(La recensione del film "
Underwater" è di
Matteo Marescalco)
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