di M.A. Carmosino
[
Under the skin recensione] - Presentato in concorso al Festival di Venezia nel 2013, "Under the skin" è tratto dall'omonimo romanzo "Sotto la pelle" di Michel Faber. Protagonista del film è Scarlett Johansson, un'aliena che, venuta sulla Terra per compiere una missione, assume sembianze umane. Intraprendendo un viaggio verso la Scozia, lei sfrutta il suo seducente corpo per adescare uomini soli incontrati lungo la strada, e non restituirli mai più alle loro vite. Una volta sedotti li conduce in un ambiente onirico dove vengono intrappolati per sempre; è una specie di base sotterranea, una stanza che rimanda ad un'altra dimensione, in cui ci si perde nello spazio e non si hanno più punti di riferimento precisi, in cui non si capisce dove ci si trovi esattamente. Uno spazio alieno, avulso dalla realtà, completamente artificiale, all'interno del quale però gli uomini che lo percepiscono come reale, vengono "catturati" e attratti dalla bellezza della donna, ci sprofondano come se esistesse una sorta di liquido amniotico denso e nero. Il personaggio protagonista femminile è una specie di personaggio al limite tra sogno e materia che non nutre alcun tipo di sentimento per gli uomini che rapisce ma lo fa per il semplice gusto di sedurli e conquistarli. Li attrae a sé e li annienta. Confusa e provata, dopo vari approcci carnali, la Johansson scappa nei boschi dove viene trovata da un uomo che tenta di violentarla. Durante la colluttazione, la ragazza cerca di difendersi e la sua pelle viene strappata, rivelando così il suo essere alieno. Al centro della storia c'è il viaggio della protagonista a cui Glazer punta dritto da subito dando quel tono al film da vero e proprio on the road visionario ed onirico che esplora nuove dimensioni lontane dalla nostra. Spogliato del contesto fantascientifico, il film non convince a sufficienza: l'atmosfera non compensa la mancanza della storia che potenzialmente avrebbe potuto avere una chiave di lettura ancora più psicologica. Risulta lento e fin troppo riflessivo. Non ci si identifica con il personaggio, non si capisce in fondo chi sia la vittima e chi il carnefice. Scarlett Johansson è presentata come un personaggio con una "vorace sessualità" ma insensibile al dolore e al piacere: tutto ciò che lei fa è solo per curiosità, per un desiderio che la porta velocemente alla rovina. Un decadimento che però non coinvolge e non interessa lo spettatore che resta distante e incurante della storia: la Johansson non convince come non convince il suo personaggio che vorrebbe comunicare quel senso di innocenza che in realtà non traspare. E' totalmente incapace di empatia: essendo di un'altra specie è caratterizzata da disumanità, una caratteristica che si ripete in più scene, una su tutte quella in cui lei stessa assiste al drammatico sacrificio di una madre su una spiaggia e resta impassibile, senza batter ciglio, anche davanti le lacrime di un bambino disperato. In sostanza, il film è l'incontro surreale tra il mondo terreno e quello fantastico: due mondi che Glazer ha cercato di rappresentare restando fedele alle rispettive realtà, a metà fra il road movie e la fantascienza, lasciando lo spettatore insensibile di fronte alla storia. Ciò che rimane è poco più di quel rumore metallico che ricorre durante il film e proietta lo spettatore in un'altra dimensione.
(La recensione del film "
Under the skin" è di
Maria Azzurra Carmosino)
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