di R. Gaudiano
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Una vita une vie recensione] - Francia, Normandia, inizi '800. Jeanne Le Perthuis des Vauds (Judith Chemla), figlia unica dei baroni Simon-Jacques (Janne-Pierre Darroussin) e Adelaide (Yolande Moreau), viene data in sposa, senza amore, a Julien de Lamare (Swann Arlaud), un nobile decaduto che sposa la giovane Jeanne solo per interesse. Non tardano ad arrivare sorprese molto sconvenienti per Jeanne. Rosalie (Nina Meurisse), la sua domestica, è stata ingravidata dall'adultero marito che le chiede pietà e ottiene da lei il perdono. Inizia così la giostra di intrighi e tradimenti da parte del malandrino Julien, anche dopo la nascita di Paul, primo figlio della coppia. Stéphane Brizé sceglie di portare sullo schermo l'adattamento del primo romanzo di Guy de Maupassant, "Une vie", ritratto di un'epoca, attraverso il volto e l'esistenza tormentata di una donna, Jeanne, costretta, immobilizzata in un relativismo epocale che la priva di ogni possibile espressione di libertà. Jeanne recita poesie e non si stanca di ammirare la natura, l'immensità della spiaggia, il mare. Con suo padre si diletta a piantare nell'orto le verdure di stagione. Osa amare l'uomo sbagliato, perché Jeanne è aperta alla vita, ha un cuore nobile ed è soprattutto onesta verso il mondo che la circonda. L'agiatezza non basta a rendere armoniosa e serena la vita, quando i sentimenti più puri vengono traditi dalle persone a cui si affidano le proprie certezze. Stéphane Brizé sceglie l'immagine, codice in grado di captare la salienza e l'espressività delle scene. I dialoghi sussurrati, i primi piani del volto di Jeanne espressione non verbale della sua anima, della sua gioia e del suo dolore, la dolcezza della natura che muta nel mare ruggente e nella maledizione della pioggia battente. "Un vie" affascina per la fotografia "sporca" che esalta la scelta di Brizé di affidarsi alla fisiognomica per esaltare la corrispondenza tra i sentimenti interiori della protagonista, i più nascosti moti dell'animo e i lineamenti del suo viso. Il cineasta francese nel raccontare la storia di un'esistenza tutta al femminile, predilige l'efficacia delle immagini come punto di forza del film ed usa il formato 4/3, leggermente sproporzionato, inquadratura stretta e da vicino sulla protagonista con la mdp a spalla, in un pedinamento continuo, asfissiante. La scelta dell'ellissi nel montaggio, che alterna salti significativi di momenti di vita di Jeanne, riesce perfettamente nella giusta comunicazione del senso dell'intera opera. Tutti questi elementi si fondono armonicamente, interagendo produttivamente uno con l'altro, generando una rappresentazione estetica di grande valore. "Un vie", come è stato per "La legge del mercato" mette in scena il misurarsi dei protagonisti con le tragedie della vita. Jeanne, donna, imbrigliata in un contesto storico decadente, che la vuole rassegnata, vede premiata la sua attesa caparbia e costante, grazie alla sua affezionata Rosalie, con un regalo dolcissimo come riscatto per la sua torturata vita. Da non perdere!
(La recensione del film "
Una vita, une vie" è di
Rosalinda Gaudiano)
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