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Una notte in giallo recensione] - Una notte in giallo ovvero Fuori Orario se di nome non fai Martin Scorsese ma Steven Brill. La differenza è che Fuori orario è un capolavoro inarrivabile, Una notte in giallo una sequenza di disavventure idiote, talmente tirate per i capelli da diventare alla lunga un insulto alla intelligenza di chi guarda. Il canovaccio è sempre quello di un tizio, una tizia in questo caso, che vuole tornare a casa ma non ci riesce. La parola chiave non molto chiara a Brill è: surrealtà. Magari un ripasso anche di Bunuel non gli farebbe male. Perchè se per rendere credibile una situazione paradossale bisogna appunto giocare con i paradossi, il nostro Brill invece pretende di porci la questione in termini rigorosamente realistici sperando che noi gli crediamo sulla parola. Perchè un altro concetto chiave non molto chiaro a Brill è: sospensione dell'incredulità. Che c'entra più con il verosimile che con il realismo. Invece lui cala tutto in un contesto di "normalità" credendo che basti all'immedesimazione. Per cui pare davvero convinto che nel 2014 qualcuno nel cuore della notte non riesca a tornare a casa non perché si è verificato un infausto allineamento astrale, ma semplicemente perché privo di portafogli e cellulare. Come se a Los Angeles (Los Angeles, non Zola Predosa) i taxi non esistessero o l'unico che c'è non si capisce perchè non ti voglia portare dove gli hai chiesto; come se non si potesse chiedere in prestito un cellulare ad un passante che non sia uno spacciatore (?); come se, nella sventurata ipotesi non ti ricordassi un numero di telefono, non esistessero elenchi o smartphone per consultare le pagine bianche; come se, rimanendo chiuso fuori di casa, non si potesse suonare ad un campanello e farsi aprire da chicchessia; come se un miniabito giallo fosse sufficiente a farti scambiare da tutti per una puttana e quindi indegna di essere aiutata. Ebbene al di là della sequela di infinite idiozie inanellate dal film, la cosa davvero peggiore di Una notte in giallo è quando nel finale si fa strada il pistolotto moralistico contro il presunto perbenismo di chi giudica fermandosi alle apparenze, peggiore in quanto tenta di riscattare l'assoluta inconsistenza della trama trincerandosi dietro il ricatto di una critica sociale appiccicata con lo sputo, scontata nei fatti e sbagliata nei modi. Perchè preferiamo un perbenismo sincero che una retorica ruffiana. Gag dal fiato cortissimo, siparietti imbarazzanti, risate stentate che cedono il passo prima allo sconcerto poi all'impotenza, Elizabeth Banks mugulante di cui si può dire, storpiando un noto motivetto, "oltre le gambe non c'è di più". Si salva solo il povero James Marsden.
(La recensione del film "
Una notte in giallo" è di
Mirko Nottoli)
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