di R. Ricucci
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Una classe per i ribelli recensione] - Dal 22 ottobre, al cinema l'ultimo film di Michel Leclerc, Una classe per i ribelli.
Tradotto così il titolo per il cinema italiano, suona meno efficace che l'originale, La Lutte des Classes, La lotta di classe.
Sì, perché ammette lo stesso Leclerc, il film vuole raccontare innanzitutto la disparità sociale quella che una classe di scuola elementare fa emergere: quella tra ricchi e poveri, tra stranieri immigrati e francesi autoctoni o tra diverse professioni di fede. I piccoli alunni della scuola sono al centro del film, con le loro dinamiche preadolescenziali che subiscono l'educazione ideologica dei loro genitori. Un film all'insegna della lotta di classe, insomma.
Paul (Edouard Baer), un anarchico batterista punk rock, e Sofia (Leïla Bekhti), un'avvocatessa magrebina, stanno insieme da circa dieci anni e hanno un figlio, Corentin, Coco (Tom Levy) che frequenta la scuola elementare del quartiere. Decidono di trasferirsi nella modesta villetta a Bagnolet, la banlieue parigina, fin dall'infanzia sognata da Sofia quando abitava in uno dei palazzi di fronte. Sofia e Paul sono giovani adulti segnati dalla lotta al potere, pronti a denunciare le frodi economiche cui si è soggetti sottostare per via del mercato. Il film si apre infatti, con la trattativa della vendita della loro vecchia casa per la quale Paul si ostina a rimarcare una giustizia nella cifra richiesta all'acquirente, senza tener conto della legge di mercato e a scapito del suo stesso guadagno. Il sorriso e la risata non mancano in Una classe per i ribelli, e se pure con personaggi stereotipati, si pensa a quanto, in verità, i tempi si siano accelerati verso un'integrazione dovuta e necessaria. Poi c'è l'acquisto ecosostenibile dell'orto biologico delle amiche di Sofia, dove compri e mangi solo verdure e frutta di stagione e, non ultimo il lavoro di Sofia: una brillante carriera che la vede premiata con una promozione…ed è la stessa protagonista a non ritenerla giusta! Si sente vittima di una discriminazione positiva: la convenienza dello studio era quello di avere un avvocato non solo donna ma magrebina come lei (di origine nordafricana). Lo scontro-incontro della coppia con il mondo moderno e contemporaneo, avviene però quando si rendono conto che la scuola che frequenta il loro Coco, pesata come luogo migliore per sviluppare una coscienza libera, non è altro che un'istituzione abbandonata a se stessa dallo Stato e al buon lavoro (faticoso) del singolo Dirigente. Coco incontra delle difficoltà di relazione con i suoi compagni, ognuno portatore di cultura e usi diversi tra loro. Qui, la denuncia esplicita del regista e dello sceneggiatore Baya Kasmi, (nel film il Dirigente Scolastico della scuola), al sistema che sempre più prende forma in Francia, delle scuole statali, nelle periferie della città, destinate alle fasce povere. I più ricchi, piccolo borghesi sono destinate quelle private o paritarie (a costo di una dichiarazione di fede). Gli insegnanti non sono più in grado di controllare la classe, i bambini sono una banda, complici nelle marachelle; i genitori sono di culture così diverse tra loro, arabe, marocchine, rumene, che fanno fatica a trovare punti in comune per il bene dei figli.
Così, Coco è l'unico viso bianco della classe, è quello più ricco. Coco è anche il più emarginato per questo. Fino ad essere compresso nella morsa di una mentalità laicista, quella dei genitori, che non gli ha concesso di credere in nessun Dio a differenza dei suoi compagni musulmani, per esempio. La denuncia di Baya Kasmi (alla sceneggiatura con Michele Lecrerc) è su "come la religione sia diventato un fattore identitario molto forte fin dai primi anni di scuola". Paul dirà infatti, «ho l'impressione che per noi non ci sia più una scuola» e con Sofia tenterà di dissuadere il piccolo Coco dall'esistenza di un inferno per i cattivi e un paradiso per i buoni, come gli dicono i compagni. Ma il malessere del piccolo cresce tanto quanto il travaglio dei suoi genitori arrivati anch'essi a un bivio: metterlo in una scuola privata o continuare nella pubblica.
Sofia e Paul tentano, provano ogni cosa per restare lì dove sono, e far restare Coco con i suoi compagni. La loro integrazione sembrerebbe reale se non cadessero, ogni volta, nel cliché dei bobos, i cosidetti bourgeois-bohemien, cioè i fintamente progressisti.
Non ultimo, Una classe per i ribelli, mette a tema la coppia, quando Paul e Sofia si confrontano con le altre, sposate, con ritmi familiari nettamente diversi dai loro, e concordi nell'educazione dei figli, a differenza di loro. Un film senza dubbio ironico, divertente, dell'umorismo francofono in una pellicola politico-sociale. Una commedia tragi-comica se vogliamo, dove non prevalgono stereotipi o luoghi comuni se pure non mancano.
(La recensione del film "
Una classe per i ribelli" è di
Rita Ricucci)
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