di R. Gaudiano
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Un sacchetto di biglie recensione] - E' la storia, una delle tante storie, di una famiglia ebrea di Parigi, vittima delle persecuzioni inflitte agli ebrei con le leggi razziali durante il secondo conflitto mondiale. E' una storia vera, tratta dal libro autobiografico di Joseph Joffo pubblicato nel 1973, da cui il cineasta canadese Christian Duguay, trae il soggetto di "Un sacchetto di biglie". Joseph (Dorian Le Clech) e Maurice (Batyste Fleurial Palmieri) sono due fratelli ebrei appena adolescenti che costretti a separarsi dalla propria famiglia intraprendono da soli un lungo e pericoloso viaggio che li porterà lontano dalla Parigi occupata dai nazisti per raggiungere un luogo più sicuro dove ricongiungersi agli altri membri della famiglia. Il viaggio sarà per i due ragazzi momento di crescita e formazione. Tra incontri sinistri, aiuti ricevuti ed anche tanta inaspettata fortuna, tutte casualità che scateneranno emozioni forti, la conquista della libertà per Joseph e Maurice avrà il sapore amaro della negazione forzata della propria identità di ebrei nella speranza di avere salva la vita. Christian Duguay filtra quel momento di storia funesta e crudele attraverso gli occhi onesti e limpidi di un bambino di dieci anni che ponendosi domande ovvie sul perché fuggire e smembrarsi come famiglia, cammina e si nasconde, insieme al fratello, per raggiungere la zona libera. E' la sopravvivenza che va conquistata prima di ogni cosa. E quando i due fratelli giunti a Nizza crederanno di assaporare finalmente la felicità, questa finirà per trasformarsi presto in tristezza. La stella gialla di stoffa segno distintivo della persona ebrea che Joseph scambia con il suo amichetto di scuola per un sacchetto di biglie rappresenta la purezza dell'infanzia nel non capire la pericolosità dell'atto. E Joseph, stringendo nel suo pugno la biglia blu, affronta con determinazione la conquista della libertà nella mortificazione di abusi subiti, ma sorretto sempre da una forte speranza di riuscita. Stile romanzato, "Un sacchetto di biglie" coglie il senso di quella tragedia umana, con sapiente ironia ed un ritmo incalzante in una scrittura filmica ben articolata. Più volte lo spettatore si sente parte della scena nel condividere il vissuto dei due giovani protagonisti. Quel padre che intima ai propri figli di negare sempre e comunque la propria identità di ebreo a chiunque e in qualsiasi situazione, rappresenta la figura guida, il verbo giusto per custodire ed infine conquistare la propria salvezza. E' la figura simbolicamente più rappresentativa del film, tanto cara a Duguay che ritroviamo anche in "Belle & Sebastienne". Senza quell'artificiosa ricerca di effetti melensi e strappalacrime, il film riesce in un messaggio onesto e singolare nel mediare l'universalità della storia nella pericolosità dell'odio razziale, messaggio utile a tutti per una necessaria riflessione.
(La recensione del film "
Un sacchetto di biglie" è di
Rosalinda Gaudiano)
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