La recensione del film Un padre una figlia

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UN PADRE, UNA FIGLIA - RECENSIONE

Un padre una figlia recensione
Recensione

di Giulia Mazza
[Un padre una figlia recensione] - Eliza è l'unica figlia di Romeo Aldea, stimato medico di Cluj, in Romania, e di Magda, bibliotecaria. Seguendo il sogno che i genitori hanno sempre avuto per lei, a settembre andrà a fare l'università in Inghilterra. Solo una cosa la separa ancora dalla realizzazione di questo progetto: gli esami di maturità, dove dovrà prendere il massimo dei voti per ottenere la borsa di studio necessaria all'iscrizione. Una formalità, per una studentessa modello come lei, se non fosse che, a un giorno dalla prima prova scritta, è vittima di un tentativo di stupro. Come un sasso gettato in uno stagno, così "l'incidente" – come lo chiama il padre – porta a galla una dopo l'altra tutte le fragilità e le debolezze di ogni singolo componente della famiglia. Di Romeo in primis, che per non vedere andare in frantumi il futuro tanto desiderato per la figlia, è disposto a mettere in discussione quei valori in base ai quali si è condotto nella vita e ha educato la sua bambina. Con "Un padre, una figlia", suo quinto lungometraggio, Christian Mungiu ha vinto il Prix de la mise en scène alla 69ma edizione del Festival di Cannes, dieci anni dopo la Palma d'Oro per "4 Mesi, 3 settimane, 2 giorni. Il titolo originale è "Bacalaureat", che in romeno vuol dire "diploma". Il primo, vero rito di passaggio all'età adulta acquista qui un valore ulteriormente simbolico, perché concentra in sé tutte le speranze e le paure che un genitore nutre verso i propri figli: cercare di rendere più leggera la vita, fare quello che "è meglio per loro", tentare di proteggerli dalle brutture e dalle ingiustizie del mondo. Cose che nessun padre e nessuna madre, in realtà, riusciranno mai a fare, ma che possono spingere anche il più integerrimo degli uomini ad abdicare a quello in cui crede per amore della figlia. Spinto dal senso di colpa il protagonista, interpretato da un bravissimo Adrian Titieni, imbocca la strada secondo lui più giusta – fatta di raccomandazioni, favori, malaffare – perché "a volte dobbiamo lottare con ciò che abbiamo, perché non c'è altro modo". La regia, asciutta e priva di fronzoli, restituisce una dimensione descrittiva scevra da qualsiasi giudizio morale sui personaggi, a scapito, talvolta, del ritmo complessivo. Tuttavia, sorretto da una sceneggiatura solida e densa, Mungiu mostra la lucida rassegnazione di un uomo, le sue azioni discutibili, e anche la piena accettazione delle conseguenze. Non c'è bene e non c'è male, solo la vita con le sue infinite possibilità. (La recensione del film "Un padre una figlia" è di Giulia Mazza)
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