La recensione del film Un affare di famiglia

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UN AFFARE DI FAMIGLIA - RECENSIONE

Un affare di famiglia recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[Un affare di famiglia recensione] - Periferia di una cittadina giapponese, in uno spazio circoscritto, luogo di rifugio per un gruppo di persone che convivono sotto lo stesso tetto, il quadro idilliaco ci potrebbe portare a pensare che siamo di fronte ad un nucleo famigliare. Così non è. Si tratta di una famiglia al di fuori dei canoni tradizionali, soprattutto senza alcun legame di sangue. Comunque c'è nonna Hatsue, Osamu e Nobuyo, che all'apparenza sono la coppia di questa stravagante famiglia che vive di espedienti e furtarelli nei magazzini del rione. Una sera, rientrando dal lavoro, Osamu scorge per strada una bambina su un balconcino, tutta sola soletta. La porta con se in casa e la piccola, che si chiama Juri, viene accolta con affetto soprattutto da Nobuyo. La vita famigliare è festosa e piena d'affetto, si ride e si mangiano buoni e gustosi cibi, mentre aleggia tra i componenti quel sottile amoralismo che li fa sentire ancor più una vera famiglia. Kore'eda Hirokazu questa volta punta a cristallizzare senza mezzi termini il sentimento d'appartenenza costruito su legami fortuiti, che trasudano bisogni concreti di certezze affettive. "Un affare di famiglia" si raffigura subito come un microcosmo umano variegato, persone con ruoli sociali differenti, ma che si sono scelti come componenti di una famiglia. La narrazione è continuamente mediata da una poeticizzazione della realtà. I fatti, i personaggi, i luoghi e gli ambienti, si dispongono sullo schermo come elementi di una costruzione semantica che utilizza l'immagine come segno fortemente indicizzato. La fotografia di Ryûto Kondô è verbo spiazzante. Se lo spettatore avverte ambiguità nel messaggio di Kore'eda Hirokazu è perché la realtà è ambigua e polivalente, ma lo sguardo del regista è sufficientemente lucido e razionale e sa cogliere gli elementi rivelatori e non equivoci delle contraddizioni affettive di questo nucleo famigliare fuori dal comune, privo di legami di sangue. Lo sguardo acuto della nonna è rivelatore nel saper predire, in un bel giorno che verrà, lo sfaldamento di quell'armonia costruita all'insegna della condivisione e dell'onestà reciproca. Ed è qui che "Un affare di famiglia" presenta il conto dei sotterfugi celati, delle miserie nascoste, delle paure temute ma soprattutto lo scoramento della separazione, dell'allontanamento gli uni dagli altri componenti del piccolo nucleo famigliare. Eppure . Kore'eda Hirokazu non si discosta mai da una narrazione squisitamente poetica, racconta i nuovi mortificanti eventi intrisi di disperazione. Ognuno di questi personaggi rappresenta una dignità umana commovente che accompagna di pari passo una straordinaria crescita interiore, frutto del sincero legame famigliare . Con "Un affare di famiglia" siamo al cospetto di riflessioni profonde che ci dividono tra natura e cultura, tra costruzioni di bisogni di sostegni emozionali condivisi ed importanti e la realtà fruibile in cui le leggi sociali prima o poi impongono la loro osservanza senza mezzi termini. Un viaggio nella condizione sociale nipponica proletaria, dove i lavori usuranti vengono sostenuti anche in lavori bipartiti e chi è attore di tutto questo non si sottrae al sogno, tra fuochi d'artificio o gustando dell' ottimo cibo. Meritatissima la Palma d'Oro al Festival di Cannes 2018 (La recensione del film "Un affare di famiglia" è di Rosalinda Gaudiano)
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