La recensione del film Tutto il mio folle amore

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TUTTO IL MIO FOLLE AMORE - RECENSIONE

Tutto il mio folle amore recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[Tutto il mio folle amore recensione] - Vincent, ha sedici anni, vive a Trieste con la mamma Elena e suo marito Mario, padre adottivo di Vincent. Vincent, Elena e Mario sono una famiglia che nella quotidianità affronta l'autismo abbastanza serio di Vincent che comunica con improvvisi sbalzi d'umore ed una personalità difficilmente gestibile. Un giorno si presenta Willi, aspirante cantante, padre naturale del ragazzo che pretende di conoscere Vincent, il figlio che non ha mai visto, avendo abbandonato Elena appena ha saputo che era rimasta incinta. Ma Willi non si aspettava di trovarsi difronte non solo un figlio particolare, ma anche un figlio che, cogliendo al balzo la visita paterna, approfitta di una folle evasione e segue il padre in un impossibile viaggio che si rivelerà di crescita per entrambi. Elena e Mario li (in)seguono a ruota ed anche per loro significherà una nuova importante scoperta di vita. Gabriele Salvatores torna alla regia con "Tutto il mio folle amore" confermandosi regista di grande abilità, attento allo studio dei dettagli dei caratteri e delle psicologie dei personaggi. In un road movie squisitamente famigliare, rischioso ed imprevedibile, Vincent si sente autorizzato a volare libero verso ogni forma di novità che si presenta lungo un tortuoso ed imprevedibile percorso tra i luoghi della Slovenia e Croazia in compagnia del padre Willi. Libera è la scrittura narrativa di Salvatores, che cristallizza la diversità di Vincent nella semplicità di un normale bisogno di espressione vitale. La scena iniziale, mentre Vincent corre in tutta libertà e incoscienza tra i cavalli in corsa, è catartica. Il viaggio, nella sua esaltante dimensione rocambolesca, permette a Willi, Elena e Mario di tradurre gli esuberanti e complessi atteggiamenti di Vincent in un'umanità dirompente, affermativa e commovente. Salvatores mette in scena una condizione esistenziale famigliare difficile, a tratti esasperante, soprattutto attraverso immagini potenti, rese straordinarie dalla bellezza della fotografia di Italo Petriccione. Mentre lo sguardo della sua mdp è costante su Vincent, interpretato da uno straordinario Giulio Pranno al suo debutto cinematografico. Vincent vola, ride, corre, guarda, e sceglie la vita. Un'esplorazione di sorprese nei fluidi vitali attraverso un viaggio che per Vincent rappresenta un riscatto probabilmente atteso. Viaggio invece imposto ad Elena, una agitata Valeria Golino e a Mario, un simpatico e misurato Diego Abatantuono, che si ritrovano, gioco forza, a gestirlo con Willi, cui Claudio Santamaria rende molto bene la maschera di un fragile pusillanime. Un viaggio che alla fine ridimensiona tutti, compreso Vincent, in una geografia di affetti completamente rinnovata. "Tutto il mio folle amore" coniuga la sottile e struggente poetica con una straordinaria potenza stilistica in cui Vincent, ragazzo autistico, è il personaggio trainante che sa come rompere la chiusura del suo mondo emozionale, situazione che arriva a coinvolgere lo spettatore con una carica umana dirompente. Le musiche indovinatissime di Mauro Pagani sono piacevolmente inserite nell'ottimo montaggio di Massimo Fiocchi che alternando inquadrature diverse, riesce in un corretto senso del ritmo. Il film, con la collaborazione alla sceneggiatura di Umberto Contarello e Sara Mosetti, nasce dal romanzo di Fulvio Ervas ed è stato presentato fuori concorso alla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia 2019. (La recensione del film "Tutto il mio folle amore" è di Rosalinda Gaudiano)
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