TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE
di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Quattro premi Oscar per un film che, più che aver fatto, ha raccontato la storia. La storia degli Stati
Uniti d'America e di un momento particolare che ha colpito il paese. E lo ha fatto in maniera precisa,
senza sbavature. Merito in primis della sceneggiatura e della regia, ma anche e soprattutto delle
interpretazioni di due attori con la a maiuscola: Dustin Hoffman e Robert Redford.
Il film si basa su un saggio dallo stesso titolo ("All The President's Men") scritto dai giornalisti Bob
Woodward e Carl Bernstein che ripercorre l'inchiesta del Washington Post che nel 1974 portò allo
scandalo Watergate e alle dimissioni di Richard Nixon da Presidente degli Stati Uniti d'America.
I protagonisti, sia nella realtà che poi nel film, sono due giovani giornalisti del Washington Post: Bob
Woodward e Carl Bernstein. Il primo, giovane cronista, intuisce subito che il 17 giugno 1972 dietro
all'arresto di cinque uomini mentre effettuano un furto con scasso al quartier generale della
Convenzione democratica, situato nel palazzo del Watergate c'è qualcosa di più. Per questo chiede
aiuto al collega più esperto, Carlo Bernstein e i due, insieme, iniziano delle indagini. Il problema è
che il loro interesse e le loro indagini creano alcune perplessità in alcuni responsabili del giornale.
Tra questi Ben Bradlee sembra non apprezzare particolarmente il continuo interesse dei due per il
caso. Nonostante favorisca la continuazione dell'inchiesta ai due giornalisti, li costringe alla garanzia
della certezza. Gli indizi che i due iniziano a trovare sembrano portare direttamente alla Casa Bianca,
ma Woodward e Bernstein non riescono, inizialmente, a trovare un filo che colleghi il Partito
Repubblicano all'effrazione. Mentre loro continuano quella che, agli occhi di tutti, sembra essersi
trasformata in una battaglia personale, il resto della stampa si disinteressa completamente della
vicenda, sperando di poter far cadere tutto nel dimenticatoio. Sembra che tutti sia, quindi, arenato
soprattutto quando anche l'autorevole New York Times non affronta la questione. Ma Woodward,
potendo contare su un misterioso informatore, soprannominato "Gola profonda" nella redazione del
Washington Post, che lavora per gli alti livelli dell'Amministrazione, riesce a portare avanti la
missione che ormai si è prefissato insieme al collega.
Nel frattempo va tenuta d'occhio la storia che si costruisce giorno per giorno. E quindi va aggiunta ai
tasselli la rielezione, il 7 novembre dello stesso anno, del presidente Nixon contro il candidato del
Partito Democratico George McGovern.
Nonostante ciò Woodward e Bernstein non demordono e proseguono nella loro battaglia. Il 9 maggio
1974 l'inchiesta del Washington Post porta all'apertura della procedura di impeachment nei confronti
di Nixon che, esattamente tre mesi dopo, il 9 agosto dello stesso anno, presenta le dimissioni.
Festeggia quest'anno 45 anni quello che, da molti, è definito il miglior film sul giornalismo di sempre.
Attraverso brevi interviste e alternando realtà a "finzione" il film riesce a catturare lo spettatore e il
suo interesse fino alla fine limitandosi a mostrare un fatto comunque già noto. Provando ad
immedesimarsi con lo spettatore americano dell'epoca, quello che si è ritrovato a vedere sul grande
schermo non era altro che il riassunto di quello che aveva sentito in tv o letto sui giornali nei giorni,
mesi e anni precedenti. Nonostante ciò è riuscito a suscitare lo stesso interesse e ad appassionare tanto
pubblico che, anche a distanza di anni, per conoscenza o solo per curiosità, ha continuato e continua
a guardarlo.
Nessun'altra pellicola (né Nixon – gli intrighi del potere di Stone né Frost/Nixon di Howard) ha
mostrato in modo così chiaro chi fosse veramente l'allora presidente degli Stati Uniti d'America.
Un altro punto a favore del film è sicuramente la tempestività con la quale è uscito nelle sale. Lo
scandalo era ancora "fresco" e ben impresso nelle menti della popolazione. E se da un lato questo può
essere un fattore negativo, dall'altro ha saputo sfruttare al meglio il vantaggio, non solo di trattare
immediatamente un fatto del genere, ma anche di essere, in questo modo, il primo a farlo.
Vedendolo oggi, a distanza, appunto, di 45 anni appare ancora più contemporaneo e attuale.
L'America disegnata da "Tutti gli uomini del presidente" non è solo l'America del 1974 e soprattutto
non è solo l'America di quel momento e di quel contesto, ma è anche tutto quello che quel momento
e quel contesto ha portato con sé. Il coraggio di parlarne e di far venire fuori tutto quello che c'era
dietro quello che è passato alla storia come lo scandalo Watergate è (stata) la chiave del successo del
film diretto da Alan J. Pakula.
A tratti si può considerare anche un documentario e non soltanto un film "di finzione", data
l'importanza e l'accuratezza riservata ai momenti più autentici.
Da sottolineare la prova attoriale dei due pilastri del film: Dustin Hoffman e Robert Redford hanno
contribuito ampiamente al grande e meritato successo del film. Dopo settimane intere passate nella
redazione del Washington Post per cercare di raccogliere qualsiasi tipo di informazione da incamerare
e riportare nei rispettivi personaggi in modo da renderli il più credibile possibili, sono considerati
ancora oggi i giornalisti più credibili mai visti in un film.
L'importanza della stampa e del buon giornalismo. Il capire che la stampa è un mezzo di
comunicazione importante se non addirittura fondamentale, soprattutto in una democrazia. Tutto ciò
costituisce il tema e l'obiettivo principale della storia mostrata sul grande schermo. Capire questo
vuol dire capire la realtà che ci circonda, anche quella di oggi.
Ed è un aiuto importante anche per riflettere su altri due aspetti e due protagonisti della nostra
contemporaneità: il cinema e il giornalismo.
"Tutti gli uomini del presidente" è un film importante nella storia della settima arte, sotto tutti i punti
di vista. Non mette solo al centro l'argomento, ma anche il cinema stesso. Il cinema diventa veicolo
di informazione, ancora più di altri mezzi.
Allo stesso modo il giornalismo è centrale sia nella vicenda narrata, sia nella quotidianità essendo il
fulcro dell'intera vicenda. Un giornalista che scava a fondo nelle questioni e arriva a portare la
verità nel suo lavoro è quello che si può definire un buon giornalista. Quindi è un buon giornalista
anche quello che, sviscerando un caso, sia esso lo scandalo Watergate sia esso un'altra problematica,
porta a delle verità scomode. Il ruolo del giornalista è centrale per la comunicazione, per la diffusione
di notizie, per raccontare ciò che succede intorno a noi costantemente. Anche se spesso dimenticato
o considerato meno di quanto dovrebbe, il giornalista è uno dei protagonisti della nostra società. Così come
dimostrato da "Tutti gli uomini del presidente", un classico intramontabile dal quale tanti altri titoli
hanno preso spunto e ispirazione senza mai riuscirne a eguagliare il fascino e la precisione. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.