La recensione del film Transformers L'ultimo cavaliere

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TRANSFORMERS L'ULTIMO CAVALIERE - RECENSIONE

Transformers L'ultimo cavaliere recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Transformers L'ultimo cavaliere recensione] - This is Transformers. Prendere o lasciare. Inutile storcere il naso, inutile obiettare, inutile combattere. La guerra è già persa. Michael Bay continua a forzare la mano, continua a testare la resistenza dello spettatore, continua a spostare sempre un più in là le possibilità degli effetti visivi digitali. Sembra che ormai non gli interessi altro. Testare quanto la forma possa bastare a se stessa, quanto la forma possa fare a meno del contenuto. Transformers quindi come banco di prova di un esperimento linguistico e/o artistico ad oltranza, un tentativo di sublimazione dell'idea stessa di superficialità, la ricerca e il raggiungimento di una flatness assoluta come la chiamerebbe il noto critico Clement Greenberg. Non a caso la trama è volutamente fumosa al punto da risultare totalmente accessoria, come se i capitoli precedenti non fossero mai esistiti si riscrive la storia ogni volta, qui risalendo alla notte dei tempi, andando perfino a riesumare i cavalieri della tavola rotonda, re artù, lancillotto e mago merlino per poi, colpo di genio, ridurre tutto ad un semplice bastone magico che a seconda di chi lo impugna, può distruggere un mondo o generarne un altro, risibile espediente troppo manifesto per non essere voluto, gettatoti in faccia quasi con sprezzo a te che stai ancora lì a chiederti il perchè e il percome, e la verosimiglianza e la sospensione dell'incredulità. Alla scuola di cinema quelli che erano i suoi compagni di corso sostengono che Michael Bay era il più bravo di tutti e non stentiamo a crederlo. In Transformers – l'ultimo cavaliere copia, letteralmente, l'inizio dall'inizio de Il Gladiatore, poi rifà pari pari il Codice da Vinci dove all'ultimo discendente di gesù cristo sostituisce l'ultimo discendente di mago merlino, per terminare con la sequenza della spiaggia di Salvate il soldato Ryan, con tanto di trincea e di "quella postazione ci sta facendo a pezzi". Ridley Scott, Ron Howard, Steven Spielberg, tutti e tre al prezzo di uno, citati, omaggiati, sacrificati in nome di uno spettacolo che ormai dichiara apertamente il vuoto che sta dietro alla sua presunta spettacolarità, dove in due ore e mezza di esplosioni, inseguimenti, pianeti in collisione, alieni robot senzienti che si trasformano in automobili senza un motivo, frasi apodittiche e apocalittiche, Bay può far risuonare la sua grandeur rivelandone al contempo la sua intrinseca e fondante inconsistenza, castello di carta che esibisce con protervia l'assenza delle sue fondamenta dimostrando che ciononostante resta in piedi lo stesso e anzi si può permettere di espandersi ancora. Il pubblico gli dà ragione e Bay continuerà a sperimentare quanto ancora può dare forma al nulla. Detto questo e tornando alla domanda iniziale, prendere o lasciare, per quanto ci riguarda, qui giunti, noi lasceremmo anche. (La recensione del film "Transformers L'ultimo cavaliere" è di Mirko Nottoli)
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