Totò a colori di Steno

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IERI OGGI E...

TOTO' A COLORI di Steno

La corazzata Potemkin Recensione

di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Importantissimo a livello tecnico, "Totò a colori" rappresenta uno dei grandi classici della commedia italiana, con al suo interno battute ancora oggi utilizzate nel gergo comune, grazie al talento indiscusso di Totò. La storia è la classica commedia degli equivoci con un Totò più che mai scatenato, che qui presta il volto ad Antonio Scannagatti, uno squattrinato musicista che vive nel paesino di Caianello insieme alla sorella e al marito, disturbando tutti continuamente. Convinto di essere un grande musicista tanto da farsi chiamare maestro, Antonio è convinto di ricevere prima o poi una chiamata da Milano da parte degli editori musicali Tiscordi e Zozzogno che finalmente potranno conoscere il suo genio. Intanto, però, l'unico incarico che gli viene affidato è quello di dirigere la banda del paese a causa dell'improvvisa impossibilità del maestro. Inizialmente restio, Scannagatti si decide, in seguito, ad accettare e di suonare in occasione del ritorno a casa del gangster italoamericano Joe Pellecchia. Il protagonista accetta di dirigere la banda del paese perché il nipote del sindaco gli promette, mentendogli, una raccomandazione con l'editore Tiscordi. Peccato che la giornata di festa in onore del rientro a casa del gangster si riveli un totale fallimento. Joe Pellecchia vorrebbe pronunciare un suo discorso dal terrazzo del municipio, ma Antonio Scannagatti non glielo permette facendo (volontariamente o involontariamente?) suonare la banda in continuazione, senza mai fermarsi. Il gangster se ne va infuriato, ma ciò non impedisce al protagonista di andare a ritirare la propria ricompensa e si mette alla ricerca del nipote del sindaco, recatosi a Capri per dei festeggiamenti con una compagnia molto particolare. Qui Scannagatti viene ospitato e "usato" per concupire la proprietaria della villa dove si sta tenendo questa festa, affinché non cacci nessuno di casa. Il musicista, dopo essersi divertito a sufficienza con tutti i presenti, ricorda la promessa e il suo contatto con l'editore e cade nella trappola ordita dal nipote del sindaco che finge di comunicare proprio con Tiscordi. Scannagatti parte allora per Milano alla ricerca di questo editore e dà vita a uno dei momenti più esilaranti dell'intero film con la famosa scena nel vagone letto del treno in compagnia dell'onorevole Cosimo Trombetta. Una volta giunto nel capoluogo lombardo, Scannagatti, per un equivoco, viene scambiato per un infermiere. Viene, quindi, ricevuto immediatamente, ma ben presto, una volta scoperto il malinteso, nasce una discussione tra i due. Ma la storia non finisce qui e le peripezie del protagonista continuano. Suo cognato, accortosi del fatto che Scannagatti gli ha rubato i soldi per il viaggio a Milano, lo minaccia e il musicista tenta di difendersi e salvarsi dicendogli di aver ottenuto un contratto con la Tiscordi e lo accompagna sul palcoscenico di un teatro, ma di burattini. All'inizio riesce a svignarsela fingendosi proprio un burattino facente parte dello spettacolo, ma, ad un certo punto, viene riconosciuto. Si salva soltanto perché Tiscordi, per puro caso, leggendo un suo spartito ne rimane piacevolmente sorpreso e il suo paese natale, Caianello lo festeggia a dovere. Come già accennato, si tratta di un film molto importante soprattutto a livello tecnico, tanto da essere stato inserito nei 100 film italiani da salvare. Si tratta, infatti, del primo film italiano girato interamente a colori e uno dei primi ad utilizzare il sistema Ferraniacolor. In generale il film altri non è che un insieme degli sketch più noti del grande comico italiano nonché scene presenti in altri film, dalla scena del vagone letto, a quella dell'orchestra che suona senza mai fermarsi, allo spettacolo di burattini. Nonostante le ripetizioni, quindi, il film risulta più che soddisfacente e Totò riesce a mantenere viva l'attenzione e il divertimento dello spettatore che rimane colpito anche e soprattutto dall'utilizzo della tecnica. Concentrandosi, infatti, sul discorso del colore serviva una storia che potesse sostenere ciò, senza rendere la fruizione ancora più complessa. Per questo motivo si è optato per qualcosa che in parte poteva apparire come "già visto", ma che in realtà ha dato il risultato sperato. Quello che Steno realizza si può considerare, in un certo senso, un omaggio al grande genio di Totò. Una scelta di un film del genere risulta, quindi, come anticipato, dettata dall'intento di testare la tecnica più che la storia in sé. Il conosciutissimo e apprezzatissimo attore era considerato una sorta di antidoto sicuro a ciò che di nuovo veniva proposto dal punto di vista, ad esempio, dell'utilizzo del colore. Esso rientra, infatti, nella prima ondata di produzioni nazionali a colori, fase nella quale si tende a preferire una maggiore sperimentazione. In questo modo venne dato particolare risalto al filone dello spettacolo popolare, sfruttato il più possibile, tanto da arrivare addirittura a riutilizzare stesse storie e stesse immagini che apparivano rinnovate grazie al colore e che, in questo modo, potevano sopravvivere ancora qualche anno in più. Nello specifico, all'interno di "Totò a colori", volendo analizzare alcune sequenze, si può riscontrare perfettamente questo tipo di ragionamento. Già dalla prima immagine si ha una sensazione che accompagnerà lo spettatore anche nel prosieguo del film: un'esagerazione nell'uso del colore. Gran parte delle scene sono sovraccariche di colore, con, molto spesso, abbinamenti tra arredamento e vestiario. E quando sembra che ci sia già un'esagerata abbondanza di colori, se ne vengono ad aggiungere altri, come nel caos del foulard turchese e dell'abito porpora di Totò. Una problematica, però, che si viene a creare con queste scelte è la mescolanza tra primo piano e sfondo perché sia i personaggi principali, che dovrebbero risaltare, sia quelli in secondo piano sono vestiti con i medesimi colori accesi e non si riescono più a distinguere. Al di là di tutto questo comunque si può affermare che l'utilizzo del colore non ha niente a che vedere con la narrazione, cioè non è legato né simbolicamente, né in altro modo al susseguirsi della storia. Il colore è letteralmente "preso e messo lì" con il compito di espandersi e mostrarsi per quello che è senza alcuna motivazione logica, ma semplicemente per dimostrare che esiste e se ne può fare uso in qualsiasi modo. Non tanto, quindi, per un uso consapevole o simbolico, ma quanto piuttosto per l'utilizzo fine a se stesso del colore, "Totò a colori" è un film che sicuramente merita uno spazio di rilievo. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.


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