Toro Scatenato di Martin Scorsese

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IERI OGGI E...

TORO SCATENATO di Martin Scorsese

Toro Scatenato Recensione

di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
La consacrazione del sodalizio tra Martin Scorsese e Robert De Niro si ha, senza alcun dubbio, con "Toro Scatenato". Il film che descrive la vita, sportiva e privata, del pugile Jake LaMotta, è il titolo che sottolinea la forza e l'energia di un duo destinato a far parlare di sé a lungo nella storia del cinema, uno davanti e l'altro dietro la macchina da presa. Due grandi nomi uniti a un terzo (quello del celebre protagonista) che hanno dato vita a una di quelle opere che si possono definire "immortali". Tutto ha inizio in medias res, con il pugile interpretato da De Niro già sul ring, impegnato in un combattimento. Il film segue anche le vicende private dello sportivo, dai suoi rapporti con i familiari, a quelli con la moglie passando per un'analisi del suo carattere e temperamento. Ma andiamo per ordine. Chi è LaMotta? È un forte combattente che viene dal Bronx, con il fratello minore Joey come suo manager. Inizialmente sposato, poco dopo, a seguito della storia d'amore con Vicki, chiude definitivamente il proprio matrimonio. In parallelo inizia a salire i gradini del mondo del pugilato, anche se a fatica a causa della mancata protezione di alcuni influenti personaggi. Tornando alla vita privata, essa inizia a essere costellata da grossi problemi. Da una parte c'è il peso, da tenere costantemente sotto controllo, dall'altra ci sono i problemi familiari e la grande ed enorme gelosia che LaMotta prova nei confronti della moglie Vicki. Ha, infatti, il terrore che lei lo tradisca. L'esempio lampante per spiegare meglio il sentimento di gelosia di Jake si ha quando poco prima di un incontro la moglie Vicki fa notare che lo sfidante del marito è un bel ragazzo. A seguito di questa affermazione e due litigano e, durante l'incontro, Jake si scatena in maniera esagerata contro l'avversario. Nonostante la vittoria, il pugile piomba così ancora di più in uno stato di paranoia, che colpisce anche gli amici e il fratello e che si acuisce con un vero e proprio scontro tra Jake e Joey perché Vicki, esasperata dal marito, fa credere a LaMotta di avere una relazione con il fratello. Una parabola discendente che colpisce il pugile anche nello sport dove, ormai rimasto solo, senza il supporto costante del fratello, comincia a non seguire più le regole e a ingrassare, arrivando a doversi ritirare nel giro di poco tempo. Nonostante il lusso nel quale vive con i figli e la moglie al fianco, non riesce comunque a condurre una vita serena anche perché, dopo poco, Vicki decide di divorziare e portarsi via i figli. Jake, rimasto solo, si dedica, quindi, al suo night club, dove fa l'intrattenitore, ma presto subentrano problemi economici e legali. Viene incastrato in un'accusa di sfruttamento della prostituzione e, per racimolare i soldi necessari per nascondere ciò, arriva anche a spaccare la propria cintura di campione del mondo per venderne le gemme. Ormai solo, finisce in prigione, non ha più contatti con il fratello che non ne vuole sapere di lui e il film di Scorsese si chiude con il protagonista nel proprio camerino intento a provare allo specchio un monologo con il quale dovrà esibirsi sul palco, tratto da quello di Marlon Brando in "Fronte del porto". Insomma un film "sportivo", ma anche un film storico che si concentra non solo sul pugile e sul suo ruolo, ma anche e soprattutto sul contesto che lo circonda. Un contesto sociale, economico e politico che, per forza di cose, influisce su determinate scelte di Jake LaMotta. Un primo aspetto da tenere presente nell'analisi di "Toro Scatenato" è la scelta, da parte di Scorsese, di ricorrere al bianco e nero. Un bianco e nero che, se da una parte conferisce veridicità alla storia e aiuta a concentrarsi su ciò che viene mostrato piuttosto che sul modo in cui esso viene raccontato, dall'altro aiuta a "limitare" in qualche modo l'irruenza del protagonista. Jake LaMotta è, fin da subito, violento e questa violenza viene perpetrata anche nel prosieguo della storia, sia sul ring che nella vita privata. E il bianco e nero è sicuramente un modo per mitigarne e allentarne la potenza. Interessante è sapere che fu lo stesso Robert De Niro a consigliare il soggetto a Martin Scorsese. L'attore, infatti, già alcuni anni prima, si era imbattuto nella biografia di Jake LaMotta, pugile realmente esistito, e l'aveva consigliata al regista. De Niro si era innamorato della storia e voleva interpretare a tutti i costi il protagonista. Scorsese, invece, non era interessato a girare un film sul pugilato. E, infatti, dire che "Toro scatenato" è un film sulla vita sportiva di Jake LaMotta sarebbe un errore. Il lavoro fatto dal regista premio Oscar è un film che si concentra in gran parte sulla vita del protagonista e anche sulla distruzione della stessa. Quello a cui vuole puntare Scorsese è un'analisi approfondita della figura di Jake LaMotta in quanto uomo, non in quanto sportivo e icona del pugilato dell'epoca. Un film comunque curato in maniera quasi maniacale in tutto e per tutto. Anche perché Scorsese, reduce dall'insuccesso del suo "New York New York" pensava che con "Toro scatenato" avrebbe dato l'addio alle scene. Era convinto che questo sarebbe stato il suo film testamento e che, per questo motivo, doveva concentrarsi in tutto e per tutto su ogni singolo istante mostrato sullo schermo. Ed è anche per questo che ci sono vari riferimenti al cinema precedente per strizzare l'occhio a grandi maestri della settima arte che potevano, anche solo indirettamente, aiutare un film del genere. Come spiegato, in alcune occasioni, dallo stesso regista, uno dei richiami principali è quello a "Rocco e i suoi fratelli" che, in un certo modo, Scorsese ha voluto omaggiare con il suo "Toro scatenato". Un film, quindi, dove il vero toro scatenato è lo stesso LaMotta che non si scatena contro l'avversario durante le sue gare, ma con gli altri. Questo per nascondere il vero nemico del pugile: sé stesso. Il vero antagonista contro il quale combattere e dal quale cercare di allontanarsi è Jake LaMotta che, solo in carcere, trova "finalmente" sé stesso e si ritrova a fare i conti con un destino che, da troppo tempo, aveva represso e tenuto nascosto. Ed è questo il punto nevralgico attorno al quale ruota l'intero film e quello che interessa veramente Martin Scorsese: a lui preme narrare, come in "Mean Streets" e "Taxi driver", una storia di ascesa, caduta e redenzione. E il viaggio che fa fare allo spettatore incontrando Jake LaMotta è proprio questo. Un film che, invece che un testamento, ha riaperto completamente la strada di Martin Scorsese annoverandolo tra i grandi del cinema. Un film da vedere. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.


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