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To the wonder recensione] - To The Wonder è il The Tree of Life del 2013. Mancano le scene galattiche alla National Geographic, ma resta la contemplazione estatica della natura, la quasi totale assenza di dialoghi e la dilagante trama musicale. Il nuovo film di Terrence Malick è davvero qualcosa di anticonvenzionale e di difficile interpretazione. Veniamo catapultati nel vivo di una storia d'amore. Una storia d'amore spersonalizzata e quindi universalmente generalizzabile. Un uomo e una donna, due esseri umani senza identità che non si chiamano mai per nome e che potrebbero essere chiunque, proprio per quest'assenza di contorni specifici. Lui americano (Ben Affleck) e lei francese (Olga Kurylenko) con una figlia a carico, si amano e sembrano felici, lei non fa altro che svolazzare come una farfalla per tutto il film, lui invece non recita più di tre battute in totale. Si trasferiscono in Oklahoma, ma tanto Lei quanto la figlia (l'unica di cui sappiamo il nome, Tatiana) sembrano delle tigri in cattività: è difficile l'inserimento in una nuova società così lontana dalla propria. La felicità diventa ben presto consuetudine e l'amore pian piano si affievolisce fino a trasformarsi in odio. Quando subentra un'altra donna, Rachel McAdams, Lei e la figlia tornano in Francia. Questo nuova relazione sembra una boccata d'aria fresca dopo il naufragio della prima, inaspettatamente però, una chiamata basta a convincere Lui a tornare con Lei, e l'Altra si fa da parte. Una trama, insomma, quasi insignificante che potrebbe anche non esserci, tanto poco importa. Quel che importa è mostrare invece gli sconvolgimenti interiori, quelli privati, che coinvolgono l'anima e i sentimenti più intimi, attraverso le immagini. C'è ad esempio una scena che ha come protagonisti Lui e l'Altra, ambientata in un campo di grano. Il colore delle spighe bagnate dal sole del tramonto (abbinato al vestito rosso di Rachel McAdams) infondono un senso di tranquillità e di sollievo rispetto alle scene precedenti. È evidente dunque, la volontà di stimolare le corde più profonde degli spettatori, ricorrendo ai colori, alle ombre, alla musica. Tutti elementi che hanno una rilevanza estrema rispetto all'intreccio narrativo. Si aggiunga al complesso la scarsezza di dialoghi come volontà di negare una qualsivoglia verosimiglianza, come se l'artificio cinematografico fosse scopertamente mostrato in tutte le sue potenzialità tecniche. Paradossalmente gli unici a parlare e a recitare battute che vadano oltre i monosillabi sono i personaggi minori. Più sono marginali, più le loro battute sono lunghe e di senso compiuto, viceversa più ci avviciniamo ai protagonisti, più le parole perdono il significato letterale e si legano a un linguaggio astratto. Su questa linea immaginaria a un livello intermedio tra Lui, Lei e l'Altra, e i personaggi più ininfluenti (come il medico o l'avvocato) si collocano Javier Bardem, un prete latino in crisi mistico-spirituale e la nostrana Romina Mondello, una donna intraprendente, libera da ogni preconcetto. La cosa interessante è che ognuno si esprime nella propria lingua, Affleck in inglese, la Kurylenko in francese, Bardem in spagnolo, la Mondello in italiano. To The Wonder è uno di quei film che non ti aiutano per niente, che ti lasciano da solo a chiederti il perché, a elaborare intuitivamente i collegamenti, a cercare le cause e a presupporre le conseguenze. Quasi nessuna informazione è data in modo diretto. È come se Malick si limitasse a mostrare, senza indirizzare o educare lo sguardo, lasciando tutto alle nostre capacità deduttive.
(La recensione del film "
To the wonder" è di
Francesca Cantore)
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