di R. Ricucci
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Titane recensione] - Titane di Julia Docournau ha vinto la Palma d'Oro a Cannes 2021 e ha inoltre ricevuto il premio Gan Foundation 2019. È un film che ha diviso la critica e dividerà il pubblico: un horror, un body horror; un film allegorico, tragicomico, thriller, drammatico e romantico, e al tempo stesso un film esistenziale.
Titane è un film metallico. Il sound (Fabrice Osinski, Severin Favriau, Stephane Thiebaut), la musica di Jim Williams, sono psichedelici, assordanti come la protagonista Alexia, Agathe Rousselle. Insieme, svolgono l'impegno richiesto allo spettatore, di pazientare per oltre 30 minuti di film, quando rimane schiacciato sul suo posto da una interminabile cruda violenza sostenuto solo dalla leggerezza di Caterina Caselli che canta Nessuno mi può giudicare. Così è chiesto allo spettatore, infatti, di non giudicare se non alla fine del film.
Alexia è una bambina di circa 12 anni. Seduta nel sedile posteriore dell'auto del padre (il noto regista francese, Bertrand Bonello), lo fissa calciando il sedile perché si accorga di lei. Quelli della giovanissima bambina appaiono quasi atteggiamenti autistici: sguardo fisso, rigida, senza espressione sul volto. Non è da meno il padre, alla guida assente e privo di emozioni se non nello scatto improvviso di rabbia che lo distrae dalla guida e con un testa coda inchioda la macchina contro il guardrail in cemento. Solo uno schizzo di sangue sul finestrino posteriore ci dice che qualcosa è successo: è Alexia ad avere avuto la peggio. In ospedale, subisce un'operazione nella quale le impiantano una lastra di Titane nel lobo laterale destro del cranio. A livello neurologico, Alexia sembra più forte, più potente. L'impianto emozionale, invece …Le stanno a cuore le automobili, il rombo dei motori la eccitano, le carrozzerie l'affascinano. Per questo, il lavoro che le si addice di più è quello della car show hostess. La sua sensualità si manifesta a pieno regime sul cofano lucido di un'auto esposta, le sue gambe sembrano intrecciarsi nei parafanghi e il suo sguardo incontra quello dei fanali abbaglianti. La sua vita sessuale è metallica: il richiamo assordante di un motore, nel garage, diventa la voce del suo amante e finisce in un amplesso vorticoso di autoerotismo con e in una Cadillac. Nonostante Alexia sembri essere cosciente del "danno permanente" alla sua intimità, cerca di avvicinarsi a dei corpi umani, femminili o maschili che siano, ma non c'è tregua per la sua fame triviale. Come in un circuito a spirale, alla stessa velocità di un'auto da corsa, finisce sempre per scontrarsi con il mondo reale usando una violenza così potente da destare nello spettatore un quasi rifiuto nella visione.
Titane ricorda esplicitamente il grande Cronenberg, regista dei più eclatanti e profondi body horror, thriller, degli ultimi decenni. Crash del 1996 è il film che certamente Titane sembra voler riportare alla memoria: anche Alexia ha a che fare con i motori, il suo destino è stato cambiato da un incidente d'auto, le persone che la circondano, a partire da un padre assente e una madre senza neppure un volto, sono incidenti di percorso. Dunque quale strada potrebbe percorrere Alexia? Allora Titane è più vicino anche a EXistenZ 1999: quella vita che Alexia non conosce, quei sentimenti che non ha mai provato sembrano invece potersi moltiplicare nella generazione di un vivente del quale, lo spettatore ha il dovere di sperare quella normalità che non ha visto.
Ecco perché Titane è per lo più un film antropologico-esistenziale. La maestria della giovane regista alla sua seconda pellicola, (la prima Raw la vede già vincitrice del premio FIPRESCI 2016), sta nell'utilizzare il linguaggio filmico per entrare nelle viscere di un'umanità che ha perso i colori della vita: il rosso del sangue e della passione hanno lasciato spazio al nero dell'olio per motore; il blu del cielo a quello grigio delle notti; il giallo di un sole brillante a quello inquietante delle fiamme che come in un inferno circondano ogni cosa. Ecco perché, forse, il coprotagonista Vincent, Vincent Lindon, è proprio un pompiere, colui che darà un segno di umanità, seppure in un delirio di onnipotenza. Alexia, oramai ricercata dalla polizia per i suoi innumerevoli e atroci delitti, diventa Adrien, il figlio scomparso di Vincent. In quella veste da maschio, lei già così stretta in corpo androgino, impara il silenzio, il nascondimento. Si presta all'allenamento con la squadra di Vincent: ragazzi che la osservano diffidenti e gelosi del suo privilegio di essere un vero figlio per il loro boss che dice: "io sono come Dio e lui è Gesù, mio figlio".
In quella nuova veste, Alexia impara la vita degli uomini: dei suoi compagni o dei più fragili, gli anziani, che chiedono aiuto. È così che cambia il suo sguardo, fino a diventare implorante d'amore, di un affetto pulito e ordinato che non abbia il sapore della morte. Psichedelico, ipnotico, feroce, Titane, sembra essere la nuova avanguardia del cinema che assume il linguaggio deviante e deviato, eccessivo e delirante, così come pure commovente, per raccontare il mondo di oggi.
(La recensione del film "
Titane" è di
Rita Ricucci)
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