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Ti ho cercata in tutti i necrologi recensione] - Il titolo, diciamolo, è di quelli che non si dimenticano. Ti ho cercata in tutti i necrologi non è certo l'apostrofe più tipica che un innamorato possa rivolgere alla sua bella. E invece è proprio quello che l'autista e becchino, ex tassista fuggito da colpe sepolte, giocatore d'azzardo e viveur da strapazzo Nikita, dice alla bella e misteriosa Helena, alias Silvia De Santis, a mò di dichiarazione. E' solo una delle bizzarrie di questo ritorno alla regia di Giancarlo Giannini, il reduce da se stesso che, dopo una teoria trentennale di ruoli da caratterista e un solo tentativo dietro la macchina da presa (Ternosecco, 1987), confeziona una storia e una pellicola lontanissime da ogni definizione. Il suo Nikita, occhi sgranati e modi nervosi, perde a poker e accetta di giocare la parte della preda in una macchinosa e violenta messinscena di una caccia all'uomo. In palio, la sua stessa vita. E un ingente bottino. Denaro a parte, è proprio la percezione di sè stesso, il radicamento del proprio posto nel mondo, la posta in gioco nella giostra infernale di cui Nikita si rende protagonista. Vincendo sui suoi aguzzini, Nikita dimostra di non essere lo spettatore acquiescente dei suoi guai, ma l'eroico difensore del suo diritto alla vita. E alla morte, perchè no. I problemi iniziano quando la caccia si chiude e Nikita precipita in un trip caleidoscopico in cui prosegue la sua fuga, incalzato da pericoli reali e immaginari. Commedia grottesca, dramma angoscioso, noir graficamente ispirato agli anni Ottanta, un pò Chandler un pò Kafka, un pò Fritz Lang un pò Kubrick, Ti ho cercata in tutti i necrologi è un collage di generi e di citazioni. Un carrozzone tronfio, logorroico, estetizzante. Una rimessa in gioco ardimentosa, che fa onore all'energia mai sopita di un artista arrivato, non certo ansioso di conferme. Ma anche un film ambiguo e discontinuo, che fonde ritmi e registri molto diversi in modo non sempre digeribile. Il lavoro di Giannini è un omaggio al cinema d'autore in cui convivono e si evolvono tutti i personaggi da lui interpretati, nella sua carriera e nel suo immaginario personale: una summa affollata e pretenziosa, che affascina e a tratti affatica. I comprimari, dalla sfuggente Helena al torbido mentore Braque, sono tanto eterei quanto inquietanti: hanno la consistenza fumosa dei fantasmi e lo stesso sentore di cattiveria. Ma questo macchiettismo surreale non buca lo schermo, si esaurisce nella sua iconicità. Non si guarda Ti ho cercata in tutti i necrologi con l'occhio franco e pulito dello spettatore di genere. Lo si guarda con la consapevolezza, preventiva, che è un esercizio di stile corretto con un pò di filosofia nietzschiana. Fuori da ogni etichetta. E anche, forse, da ogni giudizio.
(La recensione del film "
Ti ho cercata in tutti i necrologi" è di
Elisa Lorenzini)
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