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The War Il pianeta delle scimmie recensione] - Avevamo lasciato Cesare che nonostante gli sforzi non riusciva, per un pelo, ad evitare la guerra con gli umani e lo ritroviamo un po' incanutito, asserragliato nella foresta a guidare la resistenza dei primati contro i continui assalti dell'esercito capitanato dall'invasato e fascistoide colonnello Woody Harrelson. Per cui, se guerra deve essere e guerra sia (del resto è dal 1968 che sappiamo come va a finire). The war – il pianeta delle scimmie, terzo episodio della saga-prequel iniziata nel 2011 che, forse a sorpresa e abbastanza in sordina, si sta rivelando una delle saghe più meritorie degli ultimi 10 anni. Merito soprattutto del regista, Matt Reeves, che dal secondo capitolo, ha saputo infondere alla storia un carattere più maturo, più cupo e più intenso anche rispetto a quelli che potevano essere gli intenti degli inizi. Riallacciandosi direttamente ad Apes revolution, mantenendo la medesima coerenza di stile e di contenuti, Reeves è bravo ancora una volta a rispettare l'esigenza di spettacolarità e svago insita nel dna del blockbuster senza rinunciare all'impegno e alla riflessione di un'opera autoriale priva di piaggerie al limite della crudeltà, ricca di citazioni e rimandi alla storia, all'attualità, al cinema, metafora della condizione umana, capace di mantenere per 2 ore e venti di durata una tensione, drammatica e drammaturgica, elevata e costante. Ancor più sorprendente se si pensa che in questo The war l'apporto umano è ridotto ai minimi termini (praticamente l'unico attore in carne ed ossa è Woody Harrelson), mentre le scimmie create a computer in motion capture, se la cavano più che bene a reggere da sole tutto il peso della sceneggiatura, tra dialoghi, sguardi, espressioni e primi piani. Se ogni personaggio gode di un' ottima caratterizzazione, grazie alla quale entra immediatamente in empatia con l'audience, l'eroe indiscusso della vicenda è e resta, ça va sans dire, Cesare, perfetta incarnazione del carisma del capo, condottiero magnanimo e coraggioso, simbolo della dignità quale strumento di rivalsa dei deboli e degli oppressi che nonostante la loro subalternità non intendono piegare la testa difronte ai soprusi e alle ingiustizie del mondo, lui sì umano troppo umano, perseguitato dagli incubi e dai sensi di colpa, al punto da venire anch'egli corrotto nell'animo dalla sete di vendetta che pur giustificabile non può permettersi di obnubilare la mente di uno spirito eletto. Nell'evidente parallelismo biblico sarà lui il novello Mosè che dovrà liberare il suo popolo dalla schiavitù e, attraverso il deserto, condurlo fino alla terra promessa.
(La recensione del film "
The War Il pianeta delle scimmie" è di
Mirko Nottoli)
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