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The Place recensione] - The place è un bar dove sta seduto Valerio Mastandrea. Mangia, scarabocchia su una voluminosa agenda e riceve persone. Gli chiedono cose, esprimono desideri. Lui li esaudisce se e solo se costoro fanno qualcosa in cambio. Non per lui. Per loro. Vuoi che tuo marito guarisca dall' Alzheimer? Fai esplodere una bomba in un luogo affollato. Vuoi che il tuo bambino guarisca dal cancro? Prendi un altro bambino e uccidilo. Sei cieco e vuoi riacquistare la vista? Stupra una donna. Vivere o morire, fai la tua scelta. Idea deflagrante, coraggiosa e spudoratamente scorretta quella alla base del nuovo film di Paolo Genovese, che cerca di bissare il successo di Perfetti sconosciuti mantenendo più o meno intatto l'impianto di fondo, la coralità, il gruppo di interpreti, l'approccio surreale e simbolico. Di The place Genovese firma soggetto e sceneggiatura. Tanto di cappello. Peccato solo che il film sia un adattamento della serie tv The booth and the end. Non l'abbiamo mai vista ma chi l'ha fatto assicura che The place la ricalchi in maniera quasi pedissequa. Non saremo noi a incappare nell'errore di sopravvalutare Paolo Genovese innalzandolo ad autore dopo appena un film dal successo insperato e in parte immeritato (il David di Donatello?!? A Perfetti sconosciuti?!?). Non si dimentichi che la filmografia di Genovese comprende anche Immaturi, Immaturi 2 il viaggio e Tutta colpa di Freud, titoli più o meno riusciti, di certo non film in cui si riconosca una cifra autoriale. Va tuttavia ammesso che The Place sarà anche un'opera scopiazzata quasi per intero, ciononostante, sembra un'opera profondamente ispirata. Ispirata la scrittura capace di superare la ripetitiva monotonia della struttura (non si esce mai dal bar) e di creare un crescendo costante e graduale dove le diverse vicende dei personaggi si intrecciano e si scontrano, deviano per poi tonare su se stesse, si accavallano in una rincorsa incessante e infinita. Ispirati gli interpreti, su tutti Mastandrea, il perno su cui giostra l'intera storia, indolente e imperturbabile puparo dei nostri destini il cui viso stanco non tradisce emozioni (eccetto forse una volta), come un ligio impiegato che sta lì a fare il suo diuturno lavoro. Ma qual è il suo lavoro? E' lui che avvera i nostri desideri o sono le nostre azioni? E' malvagio? O sono gli uomini ad esserlo? E' ingiusto o è la vita ad esserlo? Al di là di ogni considerazione extrafilmica, The place è pellicola degna di nota perché in grado di contraddire progressivamente tutte le premesse che si era imposta, di far ricredere lo spettatore su quanto già dava per scontato, di compiere un ribaltamento di 180° che manda in frantumi ogni certezza, ogni nostra concezione di sinderesi, per dirci che bene e male sono categorie forse sovrastimate, che perseguire il bene può condurre al male e viceversa, che chi fa del bene non è detto che sia buono così come chi fa del male non è necessariamente cattivo. Può essere ingenuo o distratto o disperato. Alla fine, pare dirci il film, esiste solo il caso. E la coscienza del singolo. Alla fine Mastrandrea chi è? Il Diavolo? O Dio?
(La recensione del film "
The Place" è di
Mirko Nottoli)
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