La recensione del film The Lobster

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THE LOBSTER - RECENSIONE

The Lobster recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[The Lobster recensione] - Siamo in un futuro prossimo. L'umanità ha nuove le regole: i single vengono arrestati e trasferiti nell'Hotel dove, entro 45 giorni, hanno l'obbligo di trovarsi un partner a loro compatibile. Se questo non avverrà verranno trasformati in un animale, da loro scelto in precedenza, e poi liberati nei boschi. Yorgos Lanthimos è il regista e sceneggiatore insieme a Efthimis Filippou di "The Lobster", novità cinematografica sul profilo narrativo e sul potere scenografico. L'umanità è il soggetto della narrazione. In un mondo modernizzato fuori misura, gli uomini sono irreggimentati in regole condivise, da osservare con estremo rigore. Per chi tenta di sottrarsi alle regole sono previste punizioni cruente. L'umanità di Lanthimos è fuori dalla ormai arcaica civiltà, si è disumanizzata. Non esistono più sentimenti edificanti, come l'amore, la pietà, il supporto. Ma neppure sentimenti come l'odio, la cattiveria la gelosia. Tutti gli uomini dell'era futura di Lanthimos, single e coppie, obbediscono, senza porsi domande e risposte, a regole ferree, senza percepire i richiami dei moti dell'animo. L'agire è definito per tutti, siano essi single o accoppiati. Un mondo statico, dove si è avverato il presagio funesto di un'umanità destinata a non produrre più cultura, più bellezza, più arte e armonia sociale. Eppure, in tutta questa vita sociale rigorosamente organizzata, fredda e calcolata, tra il pessimismo sarcastico di una storia surreale, il cineasta greco fa baluginare una speranza. L'uomo, essendo un animale sociale, si distingue sempre grazie alle emozioni. In quella foresta fitta, dove uomini single calpestano zolle di terra umida e nera, David (Colin Farrell) e la Donna miope (Rachel Weisz), avvertono caratteristiche sensazioni umane, provano sentimenti edificanti, si innamorano. Si nascondono per amarsi, comunicano con codici gestuali, non rinunciano ad essere ciò che desiderano, ad abbandonare l'omologazione del gruppo e la mercificazione dei sentimenti. "The Lobster" sconvolge non poco per la ricerca di un'umanità che si è persa lungo la strada di una civiltà ingannatrice, mistificatoria. David e la Donna miope non sono due eroi, sono semplicemente persone, ancora intellettualmente attive e saranno la speranza per ciò che resta della libertà umana in un continuo divenire. Yorgos Lanthimos elabora uno stile narrativo che coniuga molti codici comunicativi, dall'immagine che si sviluppa sulle immagini stesse, alla gestione dei primi piani con lo scopo di esaltare la corrispondenza tra i moti dell'animo repressi ed i lineamenti del viso inespressivi, gelidi, omologati. Alla fine, i movimenti di macchina, le inquadrature, il montaggio, trovano nella voce off, codice verbale e visuale, l'espressione più chiara di un'etica cinematografica estremamente lineare e visibile. Un cinema che in un certo senso fa cultura, con una comunicazione visuale pervasiva e complessa, che riesce a catturare molto bene la riflessione dello spettatore sul disincanto dell'uomo disumanizzato e la speranza di una sensibilità e pienezza dell'essere umano. (La recensione del film "The Lobster" è di Rosalinda Gaudiano)
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