THE KILLER di John Woo
di Dario Bevilacqua
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.
Avendo involontariamente ferito una cantante, il Killer Jeffrey (Chow Yun-fat, con uno sguardo triste e solitario ed un sorriso malinconico, la sua faccia da duro incarna perfettamente l'archetipo del vero eroe romantico) decide di aiutarla, determinato a smettere, dopo un ultimo colpo, necessario ad ottenere i soldi per il trapianto di cornee. Contro di lui, il mandante degli omicidi – uno spietato boss della mafia di Hong Kong – e un poliziotto (Lee, peccato per le giacche, ma in coppia con Yun-fat è spumeggiante e perfettamente complementare), che finirà per divenire suo amico. "The killer" è la summa perfetta del cinema di John Woo: un mix di scatenata e coreografica esplosività che in un turbine di passione, drammi e parossistica violenza narra la tragedia della scelta etica e romantica a ogni costo. Il dominio del valore e dell'idea, sulla convenienza, sul cinismo e sul profitto e il trionfo della bellezza e della passione, anche nella sconfitta. I valori alti dell'uomo puro e nobile – da sempre cari al regista – sono qui enfatizzati e mescolati al meglio: l'amore immortale e romantico di Jeffrey e Jenny; l'amicizia assoluta, che va oltre i ruoli sociali (tra il killer e il poliziotto, e tra il primo e l'uomo che gli fa da contatto con la malavita); la lealtà e l'onore; la fedeltà ai propri principi e il coraggio di mantenerli con coerenza. Le scene d'azione, girate in modo superlativo, si giovano di un montaggio alternato assolutamente rivoluzionario, che, adeguandosi al ritmo della musica che le accompagna, inverte il rapporto di causalità tra azione ed effetto, creando, anche nelle sequenze più veloci, un senso di incertezza sospesa. Le sparatorie e gli inseguimenti esprimono al meglio la carica negativa della violenza (volutamente esasperata, in particolar modo nel combattimento finale nella chiesa, nel quale Woo cita apertamente Peckimpah), enfatizzando la critica all'immorale crudeltà della società di Hong Kong. Ma "The Killer" è molto più di questo: ispirandosi ad Antonioni (la scena sull'Isola che fa il verso a "Blow-up"), Melville, Scorsese e in special modo ad un film giapponese degli anni Sessanta ("The Outlaw"), di cui ripropone il soggetto, Woo realizza un'opera profonda ed emozionante, dove ritmo, pensiero e pathos vanno di pari passo. Un film espressamente ed esasperatamente romantico, che attraversa i generi e si presenta, a tutt'oggi, come il miglior film d'azione della storia del cinema. "The Killer" è un film immortale, in grado di divertire, emozionare e commuovere. Un film fuori dall'ordinario, che fonde l'action con il mèlo, il poliziesco con il sentimentale, e sa spiazzare di continuo, con sorprendenti ribaltamenti di ruoli, schemi e tecniche di regia. Ecco perché, questo strano e romantico film d'azione è da considerarsi un capolavoro. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.