di D. Di Benedetti
[
The Green Inferno recensione] - Eli Roth è considerato uno dei più talentuosi registi di film horror della nuova generazione americana assieme a James Wan (regista di "Saw" e del più recente "The Conjuring"), titolo giustamente guadagnato dopo il grandissimo successo di "Hostel" nel 2005. Poliedrico sperimentatore e grande cinefilo, Roth è entrato a far parte della corte di Quentin Tarantino recitando nel suo "Bastardi senza gloria", per poi scrivere il più recente "L'uomo con i pugni di ferro" diretto dal rapper RZA, nel quale omaggiava, non sempre riuscendoci con stile, i film wuxiapian orientali. Come poteva, quindi, un grande cinefilo come Roth, amante di registi italiani come Bava e Argento, non dedicare un capitolo della sua filmografia alla citazione di uno dei film che hanno fatto la storia del cinema splatter come "Cannibal Holocaust", diretto da Roberto Deodato nel 1980? Leggermente meno cruento del film di Deodato, "The Green Inferno" racconta la storia di un gruppo di studenti ambientalisti che, per salvaguardare la foresta amazzonica peruviana dal disboscamento illegale, vola in Perù con lo scopo di attirare l'attenzione dei media attraverso Internet. L'operazione riesce, ma sulla via del ritorno l'aeroplano su cui viaggia il gruppo si guasta irreparabilmente, crollando nel bel mezzo della foresta. I pochi superstiti verranno rapiti da un gruppo di indigeni locali, che si scoprirà essere non proprio amichevoli e piuttosto affamati. Con la dichiarata intenzione di essere un omaggio alla tradizione dei "cannibal movies" degli anni '80, "The Green Inferno" è in realtà un film che va ben oltre l'omaggio e, contenutisticamente, presenta aspetti profondi nascosti sotto l'apparente banalità di alcune scene. Se in un primo momento il regista sembri non voler prendersi sul serio e giocare con lo spettatore e il suo grado di sopportazione, usando anche toni politicamente scorretti e situazioni grottesche e paradossali, man mano che la proiezione prosegue il film rivela alcuni sottotesti interessanti. Esempio palese è lo scontro che avviene metaforicamente tra il gruppo di ragazzi americani con i loro dispositivi tecnologici, portatori di modernità e sani principi (ma che, paradossalmente, non esiteranno a mettersi gli uni contro gli altri per mettersi in salvo), e la civiltà indigena, cannibale sì, ma con un grande senso di collettività. Dotato di alcune intuizioni notevoli, presenti soprattutto nella seconda parte, il film si conclude con un finale aperto che, oltre a preannunciare un già confermato sequel, non mancherà di suscitare accese discussioni una volta usciti dalla sala. Consigliato se si è nostalgici amanti del genere e se si riescono a sopportare le interpretazioni di attori non proprio da Oscar.
(La recensione del film "
The Green Inferno" è di
David Di Benedetti)
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