di M. Nottoli
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The Front Runner recensione] - USA, 1988. Gary Hart è il candidato democratico per la corsa alle presidenziali, colui che dovrà sfidare George Bush. Intorno a lui c'è grande entusiasmo, in lui ripone fiducia gran parte dell'elettorato americano e i sondaggi lo danno per favorito. Sembra già essere il presidente annunciato fino a quando un gruppo di bislacchi giornalisti scopre che il senatore è coinvolto in una relazione extraconiugale. Sembra un film visto mille volte, una storia vecchia come il mondo quella del politico in carriera travolto da uno scandalo sessuale, da Le idi di marzo a Bill Clinton e Monica Lewinsky, realtà e finzione non fa differenza. Ma The front runner, di Jason Reitman, senza dichiarazioni programmatiche, con fare sottile e discreto, vuole porre l'accento altrove. Non sul fatto di cronaca in sé ma sul momento spartiacque che quell'evento ha rappresentato, dei cui effetti ancora oggi, anzi oggi più di ieri e meno di domani, siamo vittime: la trasformazione della politica in spettacolo, il passaggio dall'informazione al gossip, dalla notizia allo sputtanamento, dalle inchieste giornalistiche ai giornalisti che guardano dal buco della serratura e ravanano nella spazzatura, dal controllo della veridicità delle fonti alla chiacchiera e al sentito dire, dalle notizie alle fake news. E' l'abolizione del confine tra pubblico e privato, senza che allora se ne rendessero conto, sembra dirci The front runner, quel 1988 ha valicato un limite da cui non si sarebbe più tornati indietro. Annusato lo scoop, giornali e tv si sono gettati sul senatore Hart e sulla sua famiglia come un branco di lupi come mai prima (altri tempi quelli di Kennedy!), ormai del tutto ottenebrati dall'odore del sangue si sono resi insensibili al fatto che così facendo avrebbero distrutto la carriera di colui che in quel momento rappresentava una concreta speranza per il bene dell'America. Questo è un altro punto che in controluce il film di Jason Reitman offre alla nostra riflessione: qual è la funzione dell'informazione? La verità va cercata e diffusa a prescindere anche quando può essere controproducente? E' il bene il fine della verità o il fine della verità è la verità? E' qui veniamo all'ultimo punto, quello forse più delicato, perché quando cominciamo a indignarci sulla presunta stupidità del giornalismo, chiamiamolo "contemporaneo", The front runner, col suo andamento lento, molto lento, forse troppo lento (ci impiega un'ora a entrare nella vicenda), in maniera naturale, senza forzare l'evolversi dei fatti per telecomandare la sceneggiatura a dimostrare la propria tesi, ci butta davanti un altro interrogativo: siamo davvero sicuri che non sia importante? Siamo sicuri che quello che fa un politico, o un qualsiasi uomo pubblico che quindi si pone pubblicamente in un determinato modo, nella sua camera da letto non ci riguardi? L'ultima, sofferta, domanda che il giovane giornalista di colore, idealista e sostenitore di Hart, gli pone resta in sospeso come una spada di Damocle sulla sua e sulle nostre teste.
(La recensione del film "
The Front Runner" è di
Mirko Nottoli)
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