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The Founder recensione] - Ray Kroc (Michael Keaton) è un venditore di frullatori dell'Illinois, costretto a viaggiare quotidianamente per tutto il Midwest nella speranza di venderne qualcuno. Un giorno riceve una telefonata inaspettata: un ristorante di San Bernardino, in California, ne ordina ben sei. Colpito, Ray decide di effettuare personalmente la consegna; qui incontrerà i fratelli Mac e Dick McDonald (interpretati da John Carrol Lynch e Nick Offerman), proprietari dell'omonimo chiosco di hamburger. Da fuori, gli appare una delle tante tavole calde che la provincia americana offre ai commessi viaggiatori come lui, e in generale a tutti gli automobilisti in cerca di un pasto economico e veloce. Ma dall'altra parte del bancone, nelle cucine, i due fratelli hanno messo a punto un metodo innovativo per preparare il cibo. Gli hamburger vengono cucinati e assemblati come in una catena di montaggio, così il cliente può essere servito in pochissimo tempo, con costi ridotti, senza che ne risenta la qualità del prodotto.
Ray rimane folgorato da quali potrebbero essere i margini di profitto di questo modello se replicato su vasta scala e convince i McDonald a realizzare un franchising in società con lui. Il primo mattone del più grande marchio della ristorazione mondiale è stato posato; ma su di esso restano ancora le reticenze dei due fratelli, decisi a preservare il loro nome e a contenere l'egocentrismo di Kroc.
Keaton propone un'altra performance convincente dopo Birdman. Il suo personaggio ha lo stesso spirito rapace dei pionieri nel mito fondativo del vecchio West. L'epopea del sogno americano ha canoni standard che anche qui vengono riproposti: il protagonista è sempre un outsider, un uomo qualunque che non può contare su alcuna ricchezza o patrimonio personale. Non solo di natura economica, ma anche culturale: l'idea che da uomo della strada lo trasforma in milionario non è sua, e in fondo non è neanche del tutto dei fratelli McDonald, ma è perlomeno di terza mano, trattandosi dei rudimenti dell'industria fordista applicati alla ristorazione. In sintesi, come i cercatori d'oro, non ha altre qualità se non la sua ambizione, e la spietatezza che lo spingerà a realizzare la più grande catena di fast food del mondo.
Nella sceneggiatura di Robert Siegel trama e personaggi sono modellati in modo da tratteggiare la nascita di questo colosso senza cedere alla retorica o a rappresentazioni bibliche. In coerenza con l'attitudine pragmatica del protagonista del film, il ritmo è quello della commedia, a tratti del documentario, e la narrazione, anche quando rappresenta situazioni problematiche, concede davvero poco al dramma. Ma ciò è in buona parte dovuto alla coloratissima fotografia di Robert Schwartzman: anche dietro al packaging dorato dei due archi possono nascondersi tradimenti e cattiverie. Le musiche di Carter Burwell sono incalzanti quanto basta ad innalzare il pathos delle scene chiave e a trasmettere emotivamente quello che i nostri occhi, ingannati dal marketing, non sempre riescono a vedere.
"The Founder" è una messa in scena del sogno americano in tutta la sua grandezza, senza per questo nascondere come esso produca tanto dei vincitori quanto dei vinti. Dal punto di vista dei primi, McDonald's, come sostenuto più volte da Kroc, rappresenta dagli anni '50 "la nuova chiesa d'America", il punto di riferimento per tutte le famiglie americane (e non solo). Dal punto di vista degli ultimi, è l'emblema di un'economia che pone il profitto come valore assoluto, subordinando a esso valori e dignità delle persone.
(La recensione del film "
The Founder" è di
Liliana Pistorio)
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