di R. Gaudiano
[
The Father recensione] - C'è una cosa che annienta l'individuo ed è il momento in cui il suo corpo è abbandonato dalla sua mente, quando le connessioni del suo cervello non rispondono più al riconoscimento della realtà che lo circonda. Anthony (un grande, imparagonabile Anthony Hopkins), anziano, ma incredibilmente loquace, mentre è immerso nell'ascolto di un brano musicale, riceve la dirompente visita di sua figlia Anne (la bravissima Olivia Colman). Già dalla scena iniziale lo spettatore percepisce una situazione di perdita di certezze, uno stato confusionale da parte di Anthony che lo accompagnerà in tutta la narrazione. Anthony perde continuamente il suo orologio, persino incolpa del furto, Angela, la sua badante, che apostrofa con parole offensive. Ripete più volte ciò che pensa, soprattutto cerca di riallacciarsi ai ricordi della sua vita. Un uomo che sembra star bene nella sua casa lussuosa, con i suoi oggetti che tanto ama, un uomo che all'improvviso si trova davanti, seduto in poltrona, un certo Paul e non sa chi sia. Un uomo, l'anziano Anthony, con la maschera della discrezione e compostezza stampata in viso, svuota la busta che contiene vettovaglie e nell'improvvisa incertezza mette la busta accartocciata in tasca. Spesso assalito da uno stato confusionale, Anthony non si spiega situazioni di una realtà, la sua, che non riconosce nei collegamenti della sua mente, che sembra l'abbandoni nei momenti più salienti. Anthony è il padre, anziano, che cerca caparbiamente la dimensione di sé stesso in una realtà che purtroppo ha superato il tempo di una vita vissuta, relegata, ora, nei meandri bui dell'oblio di una mente svuotata, sterile, che non sa più riconoscere e connettersi con il mondo. Opera prima del drammaturgo francese Florian Zeller, regista e sceneggiatore di "The Father - Nulla è come sembra", adattamento della sua stessa pièce teatrale, nella sua sapiente ingannevole metafora che si percepisce nei cambiamenti scenici costanti, argomenta una condizione umana a cui non resta altro che un corpo guidato da una mente che ha perso tutte le connessioni della sua vita, passata e presente. La mdp di Zeller segue con virtuosismo incalzante l'entropia mortale dei contatti ormai esauriti della mente di Anthony, rispettando una maestria estetica e narrativa superbe. Un girotondo di luoghi e di oggetti, stanze che cambiano, personaggi che mutano d'identità. Ed è proprio nell'ingannevole gioco narrativo che lo spettatore sente prorompente il bisogno di essere coinvolto in un sentimento di immedesimazione in quell'uomo Anthony, stanco ed inerme difronte ad un girovagare di ricordi anche dolorosi come quello di sua figlia Lucy. Il gioco della vita resta comunque crudele per un uomo che ha perduto giorno dopo giorno la memoria, ma conserva il suo corredo di sentimenti che lo legano a ricordi che emergono come fantasmi sotterranei e lo sconvolgono a tal punto da scuoterlo in un pianto dirotto, inconsolabile. Zeller riesce a tutto tondo a incastrare lo spettatore in quel gioco di allucinazioni improvvise e altalenanti che assalgono ripetutamente il vecchio protagonista. Ed è l'epilogo, rivelatore di una solitudine annunciata, perché Anthony è vecchio ed è malato. La performance di Hopkins allora è magistrale, apre ad una commozione dirompente, talmente è reale e veritiera. D'altra parte, accompagna tutto il percorso narrativo una straordinaria colonna sonora di Ludovico Einaudi, fedele al girovagare della mdp nelle stanze lussuose della casa di Anthony, colorate e luminose, anche quando tutto si ridimensione e si rivela nella sua indomabile prigionia. Il Film è vincitore di due Oscar: come miglior sceneggiatura non originale, e l'Oscar ad Anthony Hopkins per la straordinaria maschera della demenza senile, restando fermo nella realtà che lo circonda in una giostra di confusioni cognitive dove gli affetti famigliari sono l'unica ancora di salvezza nella dolorosa nebulosa di una coscienza che abbandona il corpo, giorno dopo giorno.
(La recensione del film "
The Father" è di
Rosalinda Gaudiano)
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