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IERI OGGI E...

THE ELEPHANT MAN di David Lynch

The Elephant Man Recensione

di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Era il 1980 quando uscì nelle sale "The Elephant Man", un film basato su eventi storici tutt'altro che semplice e banale, in pieno stile David Lynch. Si tratta di una storia che scorre su un doppio binario: quello narrativo e quello emotivo, cercando di provocare una reazione molto forte nello spettatore. Come in ogni film, l'incipit ha una funzione molto importante, cioè quella di gettare le basi di quello che sarà il tracciato narrativo del film. A seguito di una sequenza molto particolare, vediamo il Dottor Treves che, all'interno di quello che potremmo definire un circo, entra per la prima volta a contatto con il protagonista dell'intera vicenda. In questo specifico caso, l'incipit gioca fin da subito sull'effetto di creazione di suspense perché, già dal titolo, viene posta l'attenzione verso un personaggio la cui visione sarà differita nel tempo. Lo spettatore prova curiosità perché il protagonista non viene fatto vedere, ma è presente nel film come oggetto di sguardi altrui. E la reazione di coloro che lo vedono è responsabile della reazione che lo spettatore tende ad avere che è quella del timore di essere disgustati. Essa è la reazione di un certo genere di film che, però, questo, nello specifico, non rispetterà, dal momento che viene creata un'attesa sul versante dell'horror senza poi rispettarne i codici. Inizialmente chi guarda il film sembra essere allineato percettivamente e cognitivamente con il Dottor Treves, ritenendolo addirittura il protagonista dell'intera vicenda. Nonostante ciò, nessuno conosce le vere intenzioni e motivazioni di tale personaggio che, anzi, acquisisce attributi di ambiguità e opacità, non producendo alcun coinvolgimento emotivo e portando, quindi, lo spettatore a concludere, dopo i primi minuti, che non si tratta del vero protagonista. Grazie a questo breve processo il pubblico è in grado di decretare che il personaggio principale è l'Uomo Elefante, o meglio John Merrick, il quale subisce una trasformazione in tre tappe durante tutto il film. La prima corrisponde alle sequenze iniziali, nelle quali è considerato uno spettacolo da fiera, esibito per un pubblico e l'attributo esclusivo che ci viene comunicato è quello della deformità fisica; la seconda tappa è progressiva e ci permette di considerare, a piccoli passi, l'Uomo Elefante come un essere vivente in grado di respirare, vedere, sentire, parlare; la terza e ultima tappa è la grande capacità di Lynch nel farci scoprire che il protagonista non è solamente un essere umano, ma è anche una persona dotata di grande ricchezza e profondità interiore. Seguendo questo percorso, con l'ultima tappa, lo spettatore arriva ad essere completamente allineato percettivamente con John Merrick ed è coinvolto da quest'ultimo, a tal punto da riuscire ad entrare nella sua vita interiore. Sempre dal punto di vista della traiettoria emotiva il film procede anche per tappe differenti: il momento in cui la visione di Merrick è mediata dagli altri personaggi e lo spettatore vede solo il volto e le reazioni degli altri personaggi (insieme alle varie emozioni: paura, stupore, commozione, etc.) e il momento in cui il film mostra per la prima volta l'Uomo Elefante nelle sue fattezze fisiche e corporee e inizia, nel pubblico, un'ambivalenza emotiva che da un lato porta verso una sensazione di disgusto, mentre dall'altro verso un sentimento di umanità. Gli altri due momenti sono quello in cui il film allinea percettivamente lo spettatore con il protagonista e si è in grado di comprendere che l'emozione prevalente in John Merrick è quella della vergogna, suscitata dal timore di essere disgustoso e, infine, il momento in cui, dopo l'allineamento e il coinvolgimento, si ha la nascita, nello spettatore, della commozione, reazione emotiva su cui il film lavora, che viene mediata da alcuni personaggi, e della compassione sentimentale. In questo senso è possibile considerare "The Elephant Man" come uno dei film più ambigui nel costruire una retorica del disgusto, in quanto costruisce prima e smonta in seguito proprio la retorica del disgusto, alla cui base c'è sicuramente la violazione tra umano e non umano. Altro elemento di disgusto presente nella vicenda è il contrasto tra quello che è, solo inizialmente, il disgusto fisico nei confronti della deformità fisica di John Merrick e un disgusto sociale e morale presente attraverso le allusioni di molti personaggi. Facendo un passo indietro e tornando al discorso del sentimentalismo è possibile affermare che esso è costruito attraverso una serie di elementi. Il primo si lega alla natura di Merrick che ci viene mostrato come se fosse un bambino. Le sue reazioni, infatti, sono molto infantili e tutto questo è reso ancora più esplicito dal fatto che il suo principale obiettivo nel film sembra essere quello di ritrovare la madre. L'altro fattore è dato da tutte quelle sequenze in cui la presenza di Merrick induce delle reazioni sentimentali negli altri personaggi (come, ad esempio, la moglie di Treves o l'attrice teatrale) Un film nel quale anche la scelta del bianco e nero a sfavore del colore è significativa proprio per permettere un maggior coinvolgimento emotivo allo spettatore nei confronti dell'Uomo Elefante. L'assenza del colore permette al pubblico di seguire meglio la storia senza alcun tipo di distrazione, concentrandosi solo ed esclusivamente sul personaggio e, nello specifico, sul suo stato d'animo. "The Elephant Man", con le sue 8 candidature ai premi Oscar, ha, inoltre, permesso di dare grande risalto a un attore del calibro di Anthony Hopkins nel ruolo del Dottor Treves. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.


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