La recensione del film The Dressmaker

.       .

Vai ai contenuti

FILM > RECENSIONI

THE DRESSMAKER - RECENSIONE

The Dressmaker recensione
Recensione

di A. Bizzotto
[The Dressmaker recensione] - Una sorta di Far West, ma australiano. Sbiadito e polveroso, attraversato da treni i cui passeggeri scendono inquadrati in close-up che ne svelano i dettagli prima dell'insieme, come se fossero sceriffi o banditi pronti a sparare. L'arma di Tilly (Kate Winslet) non è una pistola, però. È l'haute-couture. Jocelyn Moorhouse, dopo storie al femminile girate negli anni '90 come Segreti e Gli anni dei ricordi, adatta per lo schermo il romanzo di Rosalie Ham in cui una bambina ingiustamente allontanata da casa e separata dalla madre torna, ormai donna e affermata designer e sarta per i più grandi stilisti di Parigi, nella nativa Australia per prendersi cura della madre che tutti considerano pazza, far luce su un passato pieno di ombre e, all'occorrenza, vendicarsi delle ingiustizie subite. La commedia, che serpeggia fra le distese bruciate dal sole e le poche vie di un paesino grigio e bigotto, sa essere acida e corrosiva. Qua e là sopra le righe, specie nella prima parte di The Dressmaker. Perché se la vendetta è un piatto che va servito freddo, il passato che grida giustizia nasconde segreti dolorosissimi. Ironia dark, insomma, dramma e sentimentalismo. La Moorhouse cucina la ricetta filmica mixando gli ingredienti più diversi: gioca a disorientare lo spettatore cambiando spesso stile di regia arrivando a sfiorare (qua e là) l'assurdo e costruisce la storia della sua protagonista sul talento esplosivo di Kate Winslet, bella, sexy e dall'intensità magnetica nel dar vita a una personalità vulcanica ma anche incredibilmente tormentata. Che ritrova se stessa infliggendo a chi l'ha fatta soffrire urticanti stilettate a suon di seta, scollature e colori sgargianti. Visivamente, del resto, il film è tutto – o quasi – costruito sul contrasto fra le tinte dei preziosissimi capi d'alta moda e la cupezza anonima del borgo di Dungatar, nell'Australia sudorientale. Quei vestiti con cui Tilly seduce le donne, inebriate nel sentirsi all'improvviso belle e alla moda, e gli uomini, storditi dal suo prorompente sex appeal. Il colorato cocktail di generi e ottima recitazione (oltre alla Winslet, straordinari Judy Davis nel ruolo della madre e Hugo Weaving in quello di un sergente appassionato di strass e piume di struzzo) funziona e scoppietta, e la catabasi nei ricordi di un'infanzia segnata da atroci ingiustizie non è mai enfatica. È un peccato che il lungo finale, in cui deflagra la vera catarsi della storia, sembri posticcio, lievemente affrettato, forzato in qualche snodo narrativo che avrebbe richiesto un minutaggio superiore – magari da sottrarre a qualche perdonabile lungaggine nella sezione iniziale. Nonostante tutto, però, l'empatia dello spettatore con la protagonista non può risultare più completa e la patina malinconica non viene mai sciolta in eccesso, nemmeno sulle sequenze più drammatiche. Così, The Dressmaker riesce a dribblare l'effetto satira di costume, strizzando l'occhio ad un western femminista ante-litteram che non risulta né kitsch né enfatico. Da applauso la fotografia di Donald McAlpine (già candidato all'Oscar per Moulin Rouge!), suggestiva la colonna sonora di David Hirschfelder (due nomination, per Shine ed Elizabeth), entrambi australiani. (La recensione del film "The Dressmaker" è di Alessandro Bizzotto)
- Vai all'archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "The Dressmaker":




Torna ai contenuti | Torna al menu