La recensione del film The Dinner

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THE DINNER - RECENSIONE

The Dinner recensione
Recensione

di A. Bizzotto
[The Dinner recensione] - Difficile ambientare un film, o un romanzo, a tavola. Già la costrizione temporale è di complessa gestione. Quella spaziale, se si aggiunge, rischia di ingessare il risultato, che facilmente può arenarsi in pericolose secche di fissità. Per questo l'olandese Herman Koch, quando ha scritto La cena, ha interrotto spesso il pasto attraverso un susseguirsi di studiati allontanamenti dei commensali (in bagno, nel giardino esterno…) e flash-back in cui i ricordi si inseguono. Fedele all'originale letterario, Oren Moverman ha adattato il romanzo conservandone la struttura che dilata il tempo di una cena di famiglia trasformandola nel punto d'incontro fra una simbolica resa dei conti e un disperato tentativo di salvare l'avvenire della nuova generazione. Perché attorno al tavolo del costosissimo ristorante, per cui si possono rendersi necessari anche cinque mesi d'attesa, si ritrovano due fratelli, l'aspirante governatore in piena campagna Richard Gere e l'ex-insegnante Steve Coogan (vera voce narrante del romanzo). C'è sempre stata poca simpatia, soprattutto da parte del secondo nei confronti del primo. A tavola, fra le puntigliose descrizioni delle pietanze operate dal maître, non solo conversazioni di routine con le rispettive mogli Rebecca Hall, che vive un tormentato matrimonio con il politico, e Laura Linney, compagna innamorata del secondo. Tutti sanno che c'è un segreto di cui parlare. Riguarda i figli adolescenti delle due coppie: la verità è tragica e durissima. Soltanto al dolce i quattro genitori riusciranno a chiamare i fatti con il loro nome e a dibattere sul da farsi. Moverman sposta l'azione fuori dall'Olanda per costruire buona parte del film negli Stati Uniti, in cui il ricordo della lontana guerra civile sembra, e non a caso, essere vivissimo (Coogan insegna storia, del resto). Ben usando i suoi quattro divi ma tessendo per loro una sceneggiatura che accelera e rallenta, perdendosi qua e là (come il romanzo) nella contemplativa sovra-esposizione di dettagli, non solo enogastronomici. Riuscendo nonostante tutto, pur in modo non sempre organico, a costruire una forma di suspense. L'intera parte centrale di The Dinner però rallenta, si affossa e va fuori fuoco nell'indagare le origini dell'avversione di un fratello nei confronti dell'altro. Il romanzo di Koch spesso allude e sparge sottintesi che solo a volte l'adattamento cinematografico riesce a restituire con efficacia. Anche per questo i flash-back sui trascorsi familiari spesso sembrano smuovere acque che confondono la visione, più che dissotterrare segreti. Anche per questo il film arriva faticosamente a puntare con chiarezza la lente sul tragico segreto di cui i quattro commensali faticano a parlare: ci arriva dopo un lungo arrancare, formalmente non sempre godibile, fra lungaggini che appesantiscono il risultato. I protagonisti, però, sanno reggere il gioco di una sceneggiatura che non sempre li sostiene. A un Gere che usa un sorriso gigione ma spento si contrappone un Coogan campione di irritabilità e rancori. Impeccabili le signore: la Linney estrae la furia di una leonessa che protegge la prole da un cilindro di placida dolcezza (qualcosa ricorda il suo memorabile ruolo in Mystic River di Eastwood più di dieci anni fa), la Hall sorprende in insicura aggressività. Così è soprattutto la parte finale del film, quella in cui si gioca a carte scoperte, a riscattare l'intera pellicola, anche con una virata last-second la cui ironia è amara e feroce. Tensione e dolore sopravvivono al transfert del romanzo di Koch sul grande schermo: così, ai supplementari, Moverman riesce a servire non solo un atipico thriller, ma anche una lezione ai genitori del ventunesimo secolo, così presi dalle loro fobie e così disposti a immolare qualsiasi vittima sull'altare della felicità familiare. E degli affetti personali. Una storia, quest'ultima, che forse si ripete da sempre. (La recensione del film "The Dinner" è di Alessandro Bizzotto)
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