Taxi Driver di Martin Scorsese

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IERI OGGI E...

TAXI DRIVER di Martin Scorsese

Taxi Driver Recensione

di Chiara Roggino
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Il rapporto tra individuo e periodo storico in cui suo malgrado costretto a "vivre sa vie" è elemento chiave nella cinematografia di Scorsese. Un gioco di forza sul filo del rasoio. Perché l'individuo si crede il padrone del suo tempo ("Re per una notte", "Fuori orario"), perché ne è scisso del tutto ( "Gangs of New York"), o perché non sa come affrontarlo. La solitudine dell'uomo che non riesce (o non vuole) comunicare con i suoi simili è evidentemente il nodo principale affrontato da Scorsese in "Taxi driver". Ciò che sconvolse realmente del celebre finale del film, non fu tanto la sua intollerabile violenza ( che diede da parlare e molto) o la sequenza di uccisioni quasi meccaniche, ma lo sguardo vuoto di Travis (uno straordinario Robert De Niro) sull'atto commesso.In fondo ai suoi occhi, il nulla. Egli appare svincolato da ogni morale. Crollato sul divano nella stanza Iris, colpito da due proiettili, uno al collo e l'altro alla spalla destra. Come un Cristo crocifisso, Travis non vuole più vivere, solo morire. Punta il dito indice sinistro alla tempia e fa finta di sparare tre colpi: pchou…pchou…pchou…Quel che resta è un corpo immobile. Un atto estremo che potrebbe essere considerato quale il termine della sua esistenza. In realtà è il primo passo per il reinserimento e la sua nascita come individuo soggetto ai capisaldi della vita morale: la distinzione tra pensiero e azione, ma soprattutto la capacità di opporsi agli impulsi dell'istinto. Schrader, sceneggiatore del film, disse di aver tratto ispirazione dall'attentato di Arthur Bremer al candidato alla presidenza George Wallace nel maggio 1972. L'evento è simile alla storia di Travis Bickle ( veterano del Vietnam che combatte i suoi demoni personali) e i due uomini si comportano e reagiscono per gli stessi motivi. Entrambi sono alla disperata ricerca di un riconoscimento. A Travis è consegnata la missione di liberare la città dal putrido che la soffoca. Ecco perché lavora di notte laddove notte è Inferno e tutti i vizi prendono corpo.Se a giorno fatto Travis sarà in grado di dire "Dio sia lodato, la pioggia ha lavato via la sporcizia e i detriti dai marciapiedi", al calar della sera il paesaggio cambia: "Vengono fuori gli animali più strani, la notte: puttane, sfruttatori, mendicanti, drogati, spacciatori di droga, ladri, scippatori. Un giorno o l'altro verrà un altro diluvio universale e ripulirà le strade una volta per sempre". Al suo posto di guida, l'uomo è determinato a cambiare il mondo."Taxi driver", un film dentro un film. Travis precipita nella follia vivendo il quotidiano di un normale autista newyorkese. L'intro della pellicola incatena immagini e suoni misteriosi legati tra loro da un'unica logica: riflettere lo spaesamento del narratore. A notte fonda un taxi giallo sorge al ralenti da una muraglia di fumo. La situazione è nettamente onirica. Dietro il parabrezza ( lo schermo cinematografico), sguardo smarrito in primissimo piano, gli occhi di Travis riflettono i neon della notte: un vortice di cromatismi blu e rosso carminio. Le strade, i pedoni, i passanti sono filtrati da un'ottica stravolta. Un trip di sagome in movimento e il protagonista scruta un caleidoscopio di colori. La musica: un'aria funebre che atteggia via via sfumature di jazz rarefatto. Le ultime note, distanziate da lunghe pause, assumono presto le parvenze di una morte annunciata. Travis Bickle non è un nativo di New York, aborre la sporcizia della città, disprezza l'averne fatto la sua casa. L'uomo consuma il suo tempo insonne sui sedili di bus nauseabondi, nei cinema porno e alla guida di un taxi che ordinariamente traghetta magnaccia, puttane, drogati e psicopatici. Il suo appartamento è umido e disordinato. La solitudine di Travis è messa a nudo fin dall'inizio. La sua occupazione principale è cupamente ironica in questo senso: il tassista è costantemente a contatto con gli altri, passeggeri occasionali che gli negano una più intima connessione umana. I tassisti – Travis o meno – vogliono solo arrivare a destinazione. Alcuni dei passeggeri si comportano come se Bickle fosse del tutto assente. Anche i suoi colleghi gli prestano così poca attenzione da non accorgersi quando la tempesta infuria. Il solitario conducente si nega a un'esistenza sociale. La sua vita è il suo lavoro, la sua missione una campagna utopistica: fare del bene, aiutare il prossimo ( "Nessuno dovrebbe vivere per se stesso, ma per il bene degli altri"). Travis, come tutti i soli, vorrebbe porre fine al suo isolamento. L'uomo sogna di camminare per le strade ed essere riconosciuto. La sua vita sembra a un punto di svolta quando incontra Betsy, una ragazza che lavora alla campagna elettorale per il senatore Palantine. Il corteggiamento di Travis è candido e non privo d'innocenza. La sua indole è quella di un uomo violento, ma il morbo che lo affligge è quello di un disadattato che non distingue tra bene e male. "Taxi Driver" è un film che trascende da ogni descrizione. Influenzato dal cinema europeo, dalla Nouvelle Vague in particolare, Scorsese crea un film indimenticabile. Il suo stile inizia a prendere forma. In ogni istante il cineasta addentra il suo pubblico nella psiche di Travis, accompagnando e osservando l'ambiente circostante, ascoltando i suoi pensieri attraverso la voce fuori campo. Momenti a rallentatore enfatizzeranno situazioni ed eventi. La presentazione di Betsy che cammina per la strada con la voce off di Travis che la descrive come "la più bella donna che ho mai visto". Quel primo appuntamento e Bickle che cammina per strada non indossando gli abiti di ogni giorno. L'uomo è a suo modo elegante, come se la sua vita stesse per cambiare annullando il suo stato di outsider. Aspetto fondamentale dell'eccellente sceneggiatura di Paul Schrader è l'assenza totale di informazioni riguardo al personaggio principale. Sappiamo che è un ex veterano del Vietnam e, se è evidente che la guerra lo ha psichicamente sfregiato, Bickle è recalcitrante a parlare di sé. Il suo racconto ci informa su una cosa soltanto: "La solitudine m'ha perseguitato per tutta la vita. Dappertutto: nei bar, in macchina, per la strada, nei negozi, dappertutto. Non c'è scampo: sono nato per essere solo". La rabbia di Travis nasce da una discrepanza: le cose,osservate dal suo personale punto di vista, non trovano riscontro nella realtà. Quando Iris (Jodie Foster) si rifiuta di riconoscere la miseria del suo vivere quotidiano, Travis la istruisce su come ci si dovrebbe comportare alla sua età. "Sei una ragazzina, dovresti stare a casa. Dovresti comprarti dei vestiti, uscire con i ragazzi, andare a scuola, si sa, questo genere di cose". La performance della Foster è sorprendente per cura ed esecuzione. Charles Palantine, candidato alla presidenza per un programma di drastico cambiamento sociale, condivide l'indignazione di Travis. La retorica di Palantine si specchia in Travis attraverso il linguaggio crudo e sincero della strada. Quando il governatore gli chiede "qual è la cosa della nostra nazione che le sta più a cuore", Travis risponde "Io credo che quello che diventa presidente prima di tutto deve buttare nel cesso tutta questa immondizia e poi tirare lo sciacquone". In quest'incontro casuale sembra che Bickle ami e a suo modo rispetti il governatore ( "Lei è un uomo buono e vincerà"). Solo verso la fine del film Travis tenterà di assassinare Palantine,ora reputato quale politico in carriera buono solo a raccontar frottole. Vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes e ancorato a un inquietante De Niro, uomo dimenticato da Dio, "Taxi Driver" permane quale pietra miliare della carriera di Scorsese nella Hollywood anni Settanta. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.


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