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Suspiria recensione] - È una danza mefistofelica dai ritmi sincopati, come un cuore che a stento riesce a battere, "Suspiria". Rito di morte forgiato di sublime attrazione dai colori rosso sangue e nero inferno. Parte come un rimando a Bernardo Bertolucci per poi concludersi con un incubo dai tratti Lynchiani - nel senso più perturbante e orrifico del termine - lo stile di Luca Guadagnino. Uno stile che dimostra una conoscenza profonda, spassionata, del cinema, ma senza una sua ostentata mostrazione. Nel mezzo, un continuo atto di devozione all'arte di Dario Argento, racchiuso in un corollario di riecheggi e citazioni di altre opere del regista romano, (si pensi alla "La terza madre"), piuttosto che dello stesso "Suspiria"; il film del regista di "A bigger splash" e "Chiamami con il tuo nome" è da intendersi per questo più come sentito omaggio della pellicola di Argento, che semplice remake. La scuola di danza gestita dalle streghe dell'originale è sempre lì, presente, incombente, con il suo sangue, il suo trionfo dell'istinto animalesco e primitivo, il suo microuniverso di violenza e irrazionalità. Il regista assorbe l'essenza intrinseca e permeante il classico del 1977 per poi seguire un percorso più personale, fatto di vie ammantate dall'arte dell'incubo e dei timori più atavici. È un gioco di stile questo di Guadagnino; una galleria di quadri dipinti con cura, facendo attenzione a ogni singolo dettaglio, con una tavolozza dalle tonalità dantesche che per quanto angoscianti ed esteticamente d'impatto, soddisfano il senso visivo, ma non del tutto quello più propriamente cinematografico. Il regista, coadiuvato dallo sceneggiatore David Kagjanich tenta infatti di costruire un meccanismo a incastri sviluppato da continui sottotesti, prendendosi cura di iniziali tutti, ma potandone a compimento solo alcuni. La figura dell'anziano psicanalista Josef Klemperer, ad esempio, resta sospesa in una bolla di sapone e circondata da un alone di mistero, che per quanto in simbiosi con l'atmosfera generale del film, acuisce quel senso di confusione generale e contorta elucubrazione che accompagna tutti i 152 del film. Interessante il gioco di mise en abyme che vuole la scuola di danza come una rappresentazione in scala dello stato di paura e tensione che si vive al di fuori di essa. Le strade di Berlino sono crocevia di tumulti e reminiscenze continue delle pagine più drammatiche della storia tedesca. Dall'occupazione nazista, al Muro di Berlino, fino alle bombe lanciate dal gruppo di sinistra dei Baader-Meinhof Gang; è un'escalation di violenza quella che imperversa sulla città di Berlino e più che proporsi come porto sicuro per le proprie allieve, la compagnia diretta da Madame Blanc (un'evanescente e sempre eccellente Tilda Swinton) si pone come il cuore pulsante da cui scaturisce tutta questa aggressività incontrollata. La performance di Dakota Johnson nei panni di Susie Bannion, muta e perlopiù monoespressiva, si adatta perfettamente al personaggio portato sulla scena, svuotato della propria anima e riempito, danza dopo danza, di simbolica e perversa violenza. Per quanto suggestive e pronte a restare negli annali del cinema, molte delle scene madri di "Suspiria" non sarebbero dotate della stessa carica emotiva senza la musica del leader dei Radiohead, Thom Yorke. La sua è una colonna sonora allucinatoria, tramortente, travolgente, lo sturm und drang tradotto in musica. Ogni nota è un colpo al cuore e un pugno allo stomaco; quello concepito da Yorke è un commento musicale che bistratta lo spettatore, elevandolo al contempo in un momento di estasi, e per questo in perfetta armonia con l'universo deliquescente governato dalle streghe di Guadagnino.
Si lascia gustare "Suspiria", soprattutto con gli occhi, senza però rivelarsi mai completamente. Se Guadagnino avesse puntato maggiormente sull'aspetto introspettivo e psicologicamente destabilizzante dell'opera, piuttosto che su quello prettamente visuale, il risultato finale avrebbe rasentato la perfezione. Pur intrappolando il pubblico nella sua rete demoniaca, "Suspiria" non riesce a farlo perdere nel suo labirinto demoniaco.
(La recensione del film "
Suspiria" è di
Elisa Torsiello)
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