di I. Salvatori
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Storia di un matrimonio recensione] - Vedendo questo film diretto da Noah Baumbach – che già aveva toccato il tema del divorzio nel 2005 con Il calamaro e la balena - a molti sarà sembrato di assistere a una versione meno concitata di Kramer contro Kramer, o anche de La guerra dei Roses negli anni 2000.
E invece no, perché Storia di un matrimonio, presentato in concorso alla 76ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, fa esattamente il suo dovere raccontando di un sacramento, diverso ma sempre uguale a tanti altri, che non smette di essere tale neppure quando fra i due protagonisti si mettono di mezzo parcelle esorbitanti e cinici avvocati.
Tra Charlie e Nicole – due intensi Adam Driver e Scarlett Johansson - infatti, sembra proprio che le cose non vadano più tanto bene a livello sentimentale, così, ad un certo punto, l'unico amore che rimane ad alimentare le loro vite, sembra essere quello per il figlioletto Henry.
E per l'arte. Sì perché se lui è un regista di spettacoli off, lei è un'ex stella del cinema, che ha deciso di seguire il marito nel suo impegno teatrale, diventandone la musa.
Trascorrono veloci dieci anni di matrimonio idilliaco, anni felici di soddisfazioni a livello professionale e affettivo in una New York che diviene teatro – è proprio il caso di dire - del loro legame, ma che quando Nicole riceve la proposta di girare a Los Angeles il pilot di una serie tv che la allontanerebbe dalla città e dalla volontà di Charlie di dirigerla in uno spettacolo a Broadway, si erge inevitabilmente a palcoscenico del dramma familiare che conosciamo.
La differenza che porta la narrazione di Baumbach nel panorama cinematografico contemporaneo con Storia di un matrimonio, sta nell'uso intelligente della camera che, sin dall'inizio, accompagnata dalle rispettive voci fuori campo dei due coniugi, ci mette a parte del sentimento che ancora li lega, attraverso il focus visivo che Charlie e Nicole hanno l'uno dell'altra. Anche se poco dopo veniamo a conoscenza del fatto che si trovano nello studio di un mediatore familiare, non è comunque attraverso un litigio sdoganato che sappiamo della loro condizione ed è quindi qui che si delinea la capacità registica di distaccarsi da un film che si nutre, sì, di altri riferimenti cinematografici, ma contrariamente a quanto si possa pensare ne coglie solo le parti migliori e le rielabora, senza trasformare il tutto in un remake.
In nessun momento la sceneggiatura del film tende mai a suggerirci di prendere le parti o di Nicole o di Charlie e in questo modo si viene a conoscenza del grande punto di forza di questo film, ovvero l'umanità dei suoi personaggi. Non a caso, dopo la presa di coscienza sul disamore reciproco, assistiamo all'eclissarsi in egual misura dell'ego sia di Charlie, sia di Nicole che da quel momento vivrà all'ombra dello sciacallaggio compiuto dei veri protagonisti di questo divorzio: gli avvocati. Rispettivamente interpretati da Ray Liotta per Charlie e Laura Dern per Nicole, i due legali si prendono ampio spazio all'interno del film, sacrificando un po' la godibilità delle scene in favore di discorsi sulla professione talvolta troppo di nicchia, conducendo la vera battaglia dei diritti che probabilmente i due artisti non sono in grado moralmente di affrontare, o non vogliono. La posta in gioco è alta e il risultato è uno scontro spettacolare in tribunale da cui, purtroppo, Charlie e Nicole escono rappresentati come due burattini nella mani dei loro Mangiafuoco. Eppure, neanche in questo modo riescono a perdere la stima reciproca. Non c'è scampo, quindi, solo al profondo senso di solitudine a cui porta la separazione fisica dei due superbi performer, resa ancor più vera grazie alle eccellenti interpretazioni di Scarlett Johansson, che qui abbandona i panni della famme fatale per tornare all'impegno degli esordi e di Adam Driver che da ulteriore conferma di saper bene cosa fare del proprio talento, scegliendo film d'autore e rinunciando alla visibilità che pure non gli manca dopo essere entrato nel cast di Guerre Stellari.
Da non sottovalutare inoltre, è sicuramente lo strabiliante equilibrio, mai fuori luogo, che Baumbach riesce a mantenere tra l'angoscia del divorzio e il grado di comicità di cui si fanno portatori alcuni dei personaggi secondari.
(La recensione del film "
Storia di un matrimonio" è di
Ilaria Salvatori)
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