di R. Gaudiano
[
Stitches recensione] - Nella Belgrado intorno agli anni 2000 ci furono parecchi brogli e non solo a livello politico. La coscienza sociale era praticamente assente e molti accadimenti di corruzioni e violazioni gratuite di diritti civili si perpetuavano senza ritegno nella città serba. Con la complicità di medici ed impiegati governativi che certificavano il decesso di neonati, famiglie abbienti compravano questi neonati sottratti ai loro genitori. Ana (Snezana Bogdanovic), ha un modesto negozio di sartoria nella nuova Belgrado. Il marito fa il guardiano notturno, ed hanno una figlia adolescente. Ana è profondamente convinta che il figlio avuto diciotto anni prima, dichiarato morto alla nascita, sia invece vivo e dato in adozione. Del bambino non hanno mai avuto notizie, non l'hanno mai visto e non sanno neanche dove sia avvenuta la sua sepoltura. Per diciotto lunghi anni Ana non ha mai cessato di fare ricerche sul suo bambino, combattendo l'ostracismo sia di chi si occupa degli archivi ospedalieri e soprattutto della polizia. Ma Ana sa e sente che sia lei che suo marito sono stati malvagiamente imbrogliati nella sottrazione crudele del loro figlio. Il regista serbo Miroslav Terzic' mette in scena una storia vera ed affida allo straordinario volto di Snezana Bogdanovic la maschera della caparbia volontà di far luce sulla verità della sparizione del suo bambino. L'essenzialità scenica sposa il silenzio di una città deserta, dove Ana continua imperterrita a battere strade, vicoli, parchi con bambini, ad entrare furtiva negli uffici ospedalieri e stazioni di polizia, lì dove riceve solo intimidazioni. "Stitches", presentato alla sezione Panorama dell'ultima Berlinale e ora al Festival de cine de Las Palmas de Gran Canaria, dove ha ricevuto il premio del pubblico, è un documento di denuncia e condanna di un sistema omertoso che aveva assunto aspetti delinquenziali nella più completa accondiscendenza di chi doveva tutelare la morale sociale. Un film, "Stitches", che molto sa di arte concettuale, un senso nutritivo e liberatorio dello smarrimento tenace che Ana contempla ogni giorno nel suo girovagare alla ricerca costante della verità. Terzic' gioca sulla linearità scenica che sottintende un'innocenza violata, rapita, speculare al volto di una madre che non si è giustamente mai arresa. La magistrale fotografia di Damian Radovanovic nel porgere il presente evoca un altrove, attraverso lo sguardo nudo di Ana. E c'è come un filo invisibile che lega quello sguardo ad un passato subìto, animale. E lo spettatore è trascinato in quello sguardo solenne e resiliente, che contempla sempre un universo parallelo. Alla fine Terzic' ci porge un thriller dell'anima di una madre che non ha mai voluto credere nella morte di suo figlio. Rigoroso e senza compromessi ruffiani, è proprio il procedere austero che fa di "Stitches" un film potente nella sua straordinaria scrittura.
(La recensione del film "
Stitches" è di
Rosalinda Gaudiano)
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