di R. Gaudiano
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****] - Nel cinema le convenzioni del verosimile hanno sempre un risvolto economico non secondario. Scostarsi troppo dalle attese di un pubblico attento, costruite sulla base di una tradizione spettacolare, potrebbe comportare delusione inconsolabile oltre che notevoli perdite di denaro. "Star Wars, il risveglio della forza", primo film della Trilogia sequel, attesissimo sul grande schermo, non solo non ha deluso, ma si afferma novità a tutto tondo. Dopo trent'anni la battaglia di Endor e la distruzione della seconda Morte Nera, Luke Skywalker (Mark Hamill), l'ultimo Jedi, è scomparso. Una mappa indica il luogo del suo nascondiglio. Primo Ordine, organizzazione paramilitare, che vuole il comando sull'intera Galassia, e la Resistenza, un gruppo di repubblicani con a capo il generale Leila Organa (Carrie Fisher), combattono una battaglia acerrima per il ritrovamento dell'ultimo Jedi. Il segreto della mappa, nascosta all'interno del droide BB-8 da Poe Dameron (Oscar Isaac), pilota della resistenza, viene scoperto dal mentecatto Kylo Ren (Adam Driver). La battaglia intrapresa dalle forze opposte è incalzante, adrenalinica e vede coinvolti due personaggi coraggiosi e leali: FN-2187, ribattezzato Finn (Yohn Boyega) e la bella e giovane Rey (Daysy Ridley). Personaggi mitici entreranno nel gioco esaltante di un combattimento senza respiro, come il generale Leila Organa che rincontrerà il suo indimenticato Han-Solo (Harrison Ford), inseparabile da Chewbacca (Peter Mayhew). Su Jakku i fuochi della battaglia si coloreranno delle sfumature più incandescenti. La caccia alla mappa è all'ultimo uomo. Luke, scomparso dopo che uno dei suoi apprendisti passò al lato oscuro, va ritrovato a qualsiasi costo. Lato oscuro e lato chiaro, l'eterna battaglia tra il bene ed il male, viene riproposta da J. J. Abrams (Lost), qui regista e sceneggiatore, che ha saputo mantenere la miticità della fantastica saga, rinnovandola con respiro nuovo, con una forza autentica, entusiasmante. Fughe rutilanti, inseguimenti adrenalinici nel mondo intergalattico, esaltati da strumenti tecnologici più avanzati, si coniugano con azioni e aspettative di nuovi e vecchi personaggi. Abrams riesce in una nuova forma di narrazione e di rappresentazione, stabilendo con lo spettatore un rapporto di attrazione pura e semplice. In "Star Wars, Il risveglio della Forza" c'è la novità della forza umana Finn-Rey, che fanno coppia per raggiugere un obiettivo comune, positivo, in un contesto di effetti speciali, suoni colori, acrobazie, mutazioni a vista, metamorfosi, che dominano la scena. Entriamo in un mondo che non esiste, falso a priori, un mondo che ci esalta e ci trasporta altrove, nell'irreale, ma che è quello che vogliamo vedere. Ma qui non tutto è falso, il sentimento, quella forza che supporterà Rey nel momento cruciale, è vera, è reale e questo ci piace, ci appaga. Ed è qui che il film conquista e si afferma con trionfo. Se abbiamo percepito che l'abbandono agli effetti speciali può portare alla falsificazione del tutto raccontato, in "Star Wars, Il risveglio della Forza", i risultati sono del tutto opposti, c'è l'apoteosi della coscienza e dello sguardo. Ed è così che tradizione e innovazione giocano un ruolo paritario in questo primo "Star Wars" della Trilogia sequel, riproponendo la storia fantastica di un mondo intergalattico, mentre passato e presente ci sono entrambi, senza trasgressione. Abrams ci è riuscito, ha convinto alla grande nell'aver saputo realizzare un'opera unica, che apre molto bene alle auspicate prospettive future. (di
Rosalinda Gaudiano)
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***] Dopo Star Trek, J.J, Abrams centra nuovamente il bersaglio, stavolta, se possibile, ancora più arduo, ancora più ambizioso. Star Wars non è solo cinema. Star Wars è una religione che ha goduto e gode di una schiera di adepti, adoratori di un culto indiscriminato. Non servono se o ma, volenti o nolenti fa parte del nostro immaginario, del nostro background culturale, è l'humus in cui chiunque di noi è cresciuto. Amen. Si trattava quindi di prendere tutto ciò che questo significa e comporta, di rinverdirne i fasti, aggiornarlo ai tempi, intraprendere un nuovo inizio per ingaggiare nuovi proseliti senza tradire i vecchi. Missione improba al punto da non essere riuscita nemmeno al creatore, George Lucas, che con la seconda trilogia aveva scontentato pressoché tutti (en passant, diciamo, sottovoce, a mente fredda, col senno di poi, che la seconda trilogia non è poi così brutta come viene descritta mentre la prima, forse, non così bella...). J.J. Abrams invece, erede ufficiale di Steven Spielberg per la sua capacità di incarnare la quintessenza del cinema, fanciullescamente e romanticamente inteso come la fabbrica dei sogni, non sbaglia praticamente niente. Nessuno come lui oggi possiede il senso dell'epica, conosce come far squillare le trombe della mitologia e della mitopoiesi, sa toccare le corde emotive dove si intrecciano nostalgia, eroismo, passione, etica, sa giocare con i simboli e gli archetipi del nostro passato di bambini, prenderli, rimaneggiarli, buttarli dentro una cassa di risonanza e infine farli risuonare ancora più potenti, ancora più avvincenti. Nessuno ha mai guidato meglio il Millenium Falcon, nessuno ha mai roteato meglio la spada laser, nessuno ha mai ottenuto lo stesso distillato di sentimenti dalla semplice inquadrature di un'elsa. Quella di Luke Skywalker. Lo si pronuncia fin dal primo fotogramma e aleggia senza mostrarsi su tutto il film. Dov'è Luke? Che fine ha fatto? Dove si nasconde? Lo dicono scomparso, disperso, come Mark Hamill nessuno l'ha più visto negli ultimi trent'anni. L' attesa e la suspance che cresce attorno a Luke è da manuale e, diciamolo, non verrà delusa. Perchè J.J. Abrams sa che la prima cosa da rispettare sono i fan e a loro si rivolge, Star Wars – il risveglio della forza è, innanzitutto, per loro. Senza per questo fare dello sterile citazionismo o volgersi semplicemente al passato. Al contrario il passato gli serve per innescare il presente e far detonare il futuro. Eccolo il senso del mito che ci riempi i cuori e ci fa salire le lacrime agli occhi senza capirne il motivo. Non sbaglia nulla: azzecca i due giovani protagonisti, quasi mai visti prima eppure perfetti; azzecca il nuovo robottino, espressivo pur senza espressione, te ne innamori dopo neanche due inquadrature; azzecca i nuovi personaggi di contorno (da Oscar Isaac a Domhnall Gleeson ad Adam Driver, cattivo da far sbiancare Darth Vader), azzecca l'entrata in scena di tutti quelli vecchi. Prima di imbarcarsi J.J. si è accertato che ci fossero tutti e a tutti ha riservato il trattamento che meritano. E mentre i vecchi se ne vanno i nuovi sono già lì a prendere il loro posto. Purtroppo, e lo diciamo davvero a malincuore, si sono dimenticati di dotare Il riveglio della Forza di una sceneggiatura che si possa definire "originale", limitandosi, Kasdan e soci, a rispolverare il canovaccio di Episodio 4 (già saccheggiato, tra l'altro, anche per L'Impero colpisce ancora) al punto che il senso di deja vu, tra un omaggio e una strizzatina d'occhio, rischia di farlo assomigliare talvolta più ad un remake che ad un sequel. Peccato. Avrebbe potuto essere un capolavoro. Ciononostante, senza timori di smentite, siamo pronti a dichiarare che Il risveglio della Forza è il miglior capitolo della saga finora realizzato. Finora.
(di
Mirko Nottoli)
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