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Sono un pirata sono un signore recensione] - Paradossale, ma non farsesca. Avventurosa, ma con echi di indolenza tipicamente italica. Incline alla riflessione, ma piantata nell'intrattenimento. La commedia Sono un pirata, sono un signore, del quasi esordiente Eduardo Tartaglia, ambisce a sdoganare la contaminatio del comico che sta prendendo sempre più piede nel cinema italiano (vedi titoli recenti come Tutto tutto niente niente, Viva l'Italia e Benvenuto Presidente!). Per valicare i confini di una leggerezza nostrana di cui tutto (o quasi) sembra esser stato detto, il film di Tartaglia emigra in terre africane, riunendo su una stessa barca una colorita compagine di rappresentanti della media società tricolore: un professore universitario e la sua assistente, un marinaio napoletano e una parrucchiera addetta alle personalissime cure di una stramba nobildonna. Quattro storie, quattro macchiette, quattro psicologie in cui il serio si mischia in giusta dose al faceto. L'imprevisto, in questo caso, consiste nel sequestro del gruppo da parte di una ciurma di pirati: incidente che, oltre a far emergere impreviste duttilità e risaputi spigoli nei protagonisti, li proietta nell'occhio dei media internazionali, ampliando lo spettro della riflessione sociale dal misero Stivaletto all'universo mondo. Nonostante lo sfondo tematico del film sia di degna rilevanza, alcune scelte registiche premiano decisamente la velleità comica, a discapito dell'impegno. In primis, il cast. Riciclare volti notoriamente abbinati allo spettacolo, da quello musicale al cabaret, schizzandoli ad altre latitudini senza la dovuta preparazione, è rischioso e non sempre pertinente. Anche se sfiora tematiche importanti, poi, il film di Tartaglia adotta un lessico in prevalenza surreale, enfatizzando situazioni e figure stereotipate, arruffando i conciliaboli dei parenti, movimentando le (dis)avventure dei protagonisti oltre il plausibile, costruendo una ragnatela di rapporti improvvisati e di affinità tra i personaggi che risulta a tratti stucchevole, perlopiù forzata. Si conferma difficile, purtroppo, per il cinema italiano, contraddire le riserve sulla sua poca capacità di rinnovarsi. Sembrano mancare gli strumenti razionali, le forze vive. Tentativi, molti. Risultati, scarsi.
(La recensione del film "
Sono un pirata sono un signore" è di
Elisa Lorenzini)
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