La recensione del film Snowpiercer

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SNOWPIERCER - RECENSIONE

Snowpiercer recensione
Recensione

di David Di Benedetti
[Snowpiercer recensione] - Di mondi distopici post (e non-post) apocalittici sono pieni film e romanzi: da "1984", "Matrix", passando per "Brazil" e il più recente "The Road", la cinematografia americana ci ha abituato a realtà catastrofiche in cui personaggi moralmente impeccabili tentano di stravolgere il potere costituito o mettere in salvo la propria famiglia. "Snowpiercer" proviene, invece, dalla Corea del Sud ed è diretto da Bong Joon-Ho, regista noto nel Paese natio per "The Host", campione d'incassi al botteghino. Il regista coreano conta stavolta sulla presenza di star hollywoodiane del calibro di Chris Evans, Tilda Swinton, John Hurt e Jamie Bell per raccontare il mondo dopo che una terribile era glaciale ha messo fine all'esistenza degli esseri umani sul pianeta. I pochi sopravvissuti vivono da 17 anni nello SnowPiercer, un treno ad alta tecnologia ideato per ospitare i pochi superstiti che sono stati, al momento dell'imbarco, divisi in classi: i più poveri nella coda del treno, i più ricchi nella testa. Tra i passeggeri della coda c'è il ribelle Curtis (Chris Evans) che, dopo aver convinto alcuni compagni, decide di mettere fine alle misere condizioni di vita della sua gente e ai soprusi subiti dai soldati incaricati di mantenere l'ordine sul treno. Il gruppo inizia così una rapida corsa per giungere alla locomotiva e incontrarne il progettatore, il potente e misterioso Wilson. Presentato fuori concorso all'ottava edizione del Festival del Cinema di Roma, "Snowpiercer" è il film più costoso mai prodotto in Corea: caratteristica, questa, facilmente ravvisabile nella grande quantità di effetti visivi e scenografici che affollano la pellicola sin dalle prime scene. Forte di queste arditezze visive e del ritmo concitato della sceneggiatura, "Snowpiercer" aggiunge come proprio punto di forza il fatto di essere un film di fantascienza che più di altri presenta una grande quantità di significanti metaforici. Erede, probabilmente, dell'immaginario culturale di provenienza del suo autore, il film racconta un mondo distopico da un punto di vista anzitutto morale ed etico, riflettendo sull'animalità dell'essere umano nel caso in cui l'inesorabilità e l'imprevedibilità degli eventi lo conducano in situazioni che lo vedano schierato contro i propri simili. Ma il regista coreano va ben oltre il noto concetto dell' "homo homini lupus": sul treno della salvezza, metafora pulsione vitale in continuo movimento all'interno di uno spazio freddo e desolato, si ritrovano esseri umani di un mondo ormai decaduto non tanto diversi nei loro stili di vita precedenti alla glaciazione: consumano droghe sintetiche, bevono alcool, usano le armi. E su questo treno, dove da una parte regna il caos, dall'altra tutto è ordine e armonia, le due parti, la testa e la coda, necessitano di controllo per poter vivere in equilibrio: l'unica strada possibile per evitare l'anarchia è il potere, che può essere accentrato solo nelle mani di chi è disposto a eliminare i suoi simili per adempiere a un compito più grande. Sul piano contenutistico, quindi, "Snowpiercer" è una sorprendente e lucida riflessione sull'inesorabile decadenza e debolezza del genere umano, ma presenta, in alcuni punti, alcuni cali di ritmo e scivoloni di sceneggiatura che ne minano la credibilità narrativa e il coinvolgimento dello spettatore (sacrificato a favore dei significanti metaforici di cui si parlava) e che, malgrado la narrazione concitata, non lasciano molto spazio all'immedesimazione. (La recensione del film "Snowpiercer" è di David Di Benedetti)
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