La recensione del film Sette minuti dopo la mezzanotte

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SETTE MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE - RECENSIONE

Sette minuti dopo la mezzanotte recensione
Recensione

di M. Nottoli
[Sette minuti dopo la mezzanotte recensione] - Un fantasy, una favola, un dramma, un groppo in gola che non scende per un'ora e 40 minuti. Si può parlare della morte ad un bambino anche quando la morte riguarda la persona più importante, più cara, l'unica? Sì, si può e lo si può fare toccando vette di struggente poesia come Juan Antonio Bayona, regista, e Patrick Ness, scrittore, anche sceneggiatore, autore del libro omonimo da cui A Monster calls è tratto, dimostrano. Con sapienza equamente divisa tra cuore e cervello, con tutto il garbo e la delicatezza che il tema richiede ma soprattutto con il coraggio dell'onestà di non arretrare di fronte a nulla, di non indorare la pillola, di non sottrarsi alla tragedia battendo comode scorciatoie. Al contrario, A Monster Calls ci conduce davanti al baratro e ci guarda dentro, guarda l'abisso dritto negli occhi e te ne fa sentire gli effetti sulla pelle, spingendosi fino in fondo senza tentennamenti. Nessuna attenuante, nessun sollievo concreto a rendere la morte meno nera. La morte è nerissima e disperante, mozza il fiato e non esistono soluzioni. Trasfigurando metaforicamente la realtà nel fantasy, alla stregua del recente Babadook o de Il Labirinto del Fauno, diretto da quel Del Toro che ha tenuto a battesimo Bayona il quale già affrontò le conseguenze di traumi infantili in The orphanage, A Monster Calls, più ancora degli esempi testè citati, lascia esterrefatti per la maturità e la sincerità con cui riesce ad affrontare i grandi temi quali la morte, il lutto, il senso di perdita, di ingiustizia e di colpa, la solitudine, il rimorso e il desiderio di rinascita senza il benchè minimo accenno di retorica, senza una nota stonata, senza una parola che possa suonare artificialmente affettata, anche quando si tratta dell'ultima parola detta sul letto di morte (il confronto tra made e figlio è da pelle d'oca). A maggior ragione se si considera il target a cui il film si rivolge per cui l'esigenza di servirsi di un linguaggio semplice che però non semplifica, non banalizza ma al contrario risulta esemplare per metterne in luce la complessità e le infinite sfaccettature. Conor si sveglia in preda al panico nel cuore della notte mentre nella camera a fianco la madre sta morendo di tumore finché una di quelle notti, 7 minuti dopo la mezzanotte, gli fa visita un mostro a forma di albero (c'è Liam Neeson dietro il motion capture), un tasso, che in altrettanti momenti gli racconterà tre storie. Sarebbero sufficienti questi tre racconti, la morale che veicolano e le illustrazioni che li animano, per rendersi conto della grandezza del film, concentrato di espressione e contenuto, custode di un messaggio non scontato in cui è racchiusa la tragica e per questo eroica lotta dell'esistenza umana. Tre racconti più uno per giungere alla fine di un percorso di dolore e di crescita dove in fondo sai già cosa c'è ad attenderti e non c'è scampo per quello, ma un percorso in fondo al quale A monster calls ti lascia intravedere anche una luce, una speranza, che non è semplice consolazione ma è la presa di coscienza legata alla verità che è la vita. Presentato in anteprima all'ultimo Future Film Festival di Bologna, nel cast oltre al già citato Liam Neeson, anche Felicity Jones, Sigourney Weaver e il sorprendente protagonista Lewis MacDougall (La recensione del film "Sette minuti dopo la mezzanotte" è di Mirko Nottoli)
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