La recensione del film Senza nessuna pietà

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SENZA NESSUNA PIETA' - RECENSIONE

Senza nessuna pietà recensione
Recensione

di Paolo Ottomano
[Senza nessuna pietà recensione] - Quando c'è un connazionale esordiente alla regia, che riesce a rendere visibile la sua opera prima anche grazie alla platea del Festival di Venezia, c'è sempre un misto di curiosità e speranza per il suo lavoro. Soprattutto in un periodo in cui l'industria del cinema italiano non è florida, pur non mancando i buoni film, e prorabilmente non lo sarà mai negli stessi termini in cui lo è stata in passato. Il regista in questione è Michele Alhaique, il cui volto sarà familiare a chi ha visto Che bella giornata o la terza stagione di Boris, per esempio, e che sceglie uno sfondo neo-noir (per messa in scena e uso dell'ambiente sonoro, non ingessati negli stereotipi del genere, che invece un po' resistono nel tema della storia).per raccontare il suo primo lungometraggio. Senza nessuna pietà, infatti, è la storia di un uomo che non ha ancora trovato la sua ragione di vita, o che crede di averla trovata in una routine che lo corrode dall'interno da troppo tempo. Mimmo (Pierfrancesco Favino) è infatti un muratore che lavora per suo zio palazzinaro, si, ma pure strozzino: non gli piace picchiare chi tarda a pagare, ma lo deve fare comunque. Gira in coppia col Roscio (Claudio Gioè), più socievole e smazzato di lui, che spesso lo copre quando s'infila in un pasticcio. Avere una donna delle pulizie che si prende cura della sua casa, tornarci la sera e doversi solo infilare a letto e rialzarsi la mattina dopo prendendo ordini da persone che non stima: tutto questo è un'abitudine che, per quanto detestata, non è semplice rovesciare. Mimmo ne ha l'occasione quando deve accompagnare Tania (Greta Scarano), una delle ragazze che il cugino ha prenotato per il suo compleanno, alla sua villa. Il meccanismo che accompagna il protagonista alla scoperta del se stesso più autentico è partito e non si ferma più, pur mietendo vittime e perdendo pezzi lungo la strada. L'evoluzione del suo personaggio, che pure parla poco e proprio per questo è ancora più lodevole l'interpretazione di Favino, è la cosa migliore del film: c'è, senza far notare la propria presenza in modo invadente. Show, don't tell, insomma. Un aspetto positivo che bilancia il ritmo talvolta rallentato da qualche imbarazzo che, da personaggio-personaggio diventa spettatore-personaggio. Quei momenti, per intenderci, in cui ci si aspetta che succeda qualcosa, in cui dovrebbe succedere qualcosa perché chi guarda non arrivi da solo a capirlo, e a sentirne la mancanza. (La recensione del film "Senza nessuna pietà" è di Paolo Ottomano)
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