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Self/Less recensione] - Tutto parte da una semplice e precisa riflessione sulla vita: "E se potessi avere più tempo da vivere?". Damian (Ben Kingsley), un uomo straricco, costruttore di mezza New York e con una casa di un lusso forse esagerato, si trova alla fine della sua vita a fronteggiare con un cancro che lo sta distruggendo e che non gli lascia più di sei mesi di vita. Nonostante ciò non perde la sua eleganza e il suo pacato modo di fare fino a che la soluzione gli si palesa davanti: dopo aver guadagnato tutto il possibile, perché non comprarsi l'immortalità? Per una cifra spropositata si affiderà infatti ad un team super segreto per trasferire i suoi pensieri, ricordi e quanto altro nel corpo creato in laboratorio di un giovane trentenne in salute (Ryan Reynolds). Ed è proprio qui invece, con la scomparsa di Kingsley, che il film muore tragicamente: da questo momento in poi il filo della storia va a perdersi, l'originalità inziale sparisce nelle costanti scazzottate tra Reynolds e chiunque cerchi di frapporsi fra lui e la verità. Non c'è tensione dove dovrebbe esserci poiché gli indizi lanciati nel corso del film sono troppi e troppo palesi, non rimaniamo mai a bocca aperta davanti alle continue rivelazioni che dovrebbero invece sorprenderci. Tarsem Singh sembra aver perso la sua verve, gli sceneggiatori sono partiti da un'ottima idea e poi hanno cercato di mettere toppe nelle lacune della storia (e non ci sono neanche riusciti troppo bene). La questione di questa meccanica reincarnazione avrebbe potuto portare a molto più di un semplice "devo riscattare la mia vita passata vissuta senza amore, senza dare amore a mia figlia che adesso mi odia"; si poteva approfondire una domanda che viene espressa più di una volta nel film da parte del cattivo di turno, il perfido scienziato (Matthew Goode, una delle poche note positive): "Cosa avrebbero potuto scoprire o inventare uomini del calibro di Einstein o Steve Jobs se solo avessero avuto più tempo, se il loro corpo malato fosse stato sostituito in tempo per permettere alle loro agili menti di continuare a correre?". Questa sarebbe stata la giusta conseguenza alla riflessione iniziale con la quale gli sceneggiatori hanno posto le basi per scrivere questa storia e invece no, questa domanda sparisce e viene inghiottita da battute pessime e una sceneggiatura che si evolve in maniera impacciata e con una mediocre qualità recitativa. Insomma, un diamante grezzo dal quale si poteva ricavare molto di più.
(La recensione del film "
Self/Less" è di
Rachele Di Paolo)
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