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Sei vie per Santiago recensione] - Il viaggiatore è colui che si muove verso spazi nuovi, talvolta sconosciuti a lui stesso. E questa caratteristica, che è propria di chi soggiorna in luoghi stranieri, nuovi e da scoprire, fa parte della stessa natura umana, che compie continuamente il viaggio nella conoscenza, tanto più ricca quanto più l'identità umana si completa nelle sue diversissime forme. La meta del viaggio è sempre "altrove". Nel corso del viaggio, il viandante pellegrino si trova collocato in una condizione di marginalità, è straniero nei luoghi che lo ospitano lungo il suo cammino, e, al tempo stesso, può configurarsi come soggetto debole, verso il quale una comunità autoctona potrebbe esercitare anche violenza. Questa realtà riguardo lo straniero, vede particolarmente attenta la coscienza religiosa che affida la sua incolumità alla divinità, affinché lo protegga lungo il viaggio. Viaggiare non sottrae, quindi, alcun pellegrino a situazioni legate strettamente allo spostamento, alla tensione del pensiero che si protende al di là, alla costrizione a forzare, al limite della rottura, quegli strumenti concettuali che consentono di padroneggiare lo spaesamento in un "luogo altro". Ma, al tempo stesso, viaggiare restituisce, se così possiamo dire, anche il contrario dello spaesamento, ossia la possibilità di "uscire" dai propri costumi, dai propri modelli culturali, dalle proprie ansie e costrizioni. Emerge così il viaggio come elemento di estrema ricchezza e fecondità di conoscenze e possibilità di modi di relazione per chi, appunto, sceglie di percorrere materialmente e spiritualmente questo cammino di conoscenze per un riscatto soprattutto interiore. "Sei vie per Santiago", della regista e produttrice cinematografica, Lydia B. Smith, riesce a raccontare tutto questo. Riesce, nel suo straordinario racconto autobiografico ed itinerante a rendere chiaro quanto ed in che modo il processo di "rigenerazione" si compia per un gruppo di personaggi, pellegrini in cammino sulla via per Santiago di Compostela. Annie da Los Angeles, Jack e Wayne dal Canada, Misa, giovane studentessa danese, Sam, giovane brasiliana, Tomas, 30anni, e Tatiana che porta lungo questo cammino anche Alexis suo giovane fratello ateo e il suo piccolo di tre anni. Il cammino è il soggetto di questo straordinario e pluripremiato documentario. Ma il cammino è, in un certo senso, la metafora che veste la forza interiore dei protagonisti che lo compiono. Persone con un bisogno estremo di ritrovare se stessi e riaffermare la propria esistenza attraverso un estremo impegno corporale, fatto anche di vere e proprie sofferenze materiali. Camminando e camminando, la via che si percorre è il sentiero lungo il quale si forma una comunità che condivide il cibo ed il sonno ristoratore nei rifugi che accolgono i pellegrini lungo la strada verso la fiducia e la vittoria. Tecnicamente perfetto, anche nella sua ottima scrittura di montaggio, "Sei vie per Santiago" trasmette la forza umana del riscatto, nell'attraversamento di luoghi naturali che la fotografia di Pedro Valenzuela rende ad arte con uno straordinario respiro.
(La recensione del film "
Sei vie per Santiago" è di
Rosalinda Gaudiano)
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