di R. Gaudiano
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Roma recensione] - Città del Messico, anni '70. Siamo nel quartiere residenziale medio borghese della città messicana, Roma. Sono anni duri in cui il Mexico è soggiogato da spinte nazionaliste, una politica terzomondista, con violente repressioni e proteste popolari. Sullo schermo appare il cancello di una casa borghese sulla cui soglia c'è Cleo, la domestica-tata indigena. Nella casa vivono ben sette persone, quattro bambini, mamma, papà, la nonna ed un cane, famiglia numerosa che Cleo accudisce senza sosta dalla mattina alla sera. Per la giovane domestica il quotidiano scorre fluido, con panni da lavare, letti da rifare, bambini da accudire e la cacca del cane da pulire all'ingresso della casa dove entra a stento la "Galaxi", il macchinone di famiglia. Cleo è sempre silenziosa, ubbidisce quasi sussurrando. Nonostante la famiglia dove lavora sia altolocata e di discendenza spagnola, Cleo è rispettata e voluta bene, adorata dai bambini che mette a letto con il bacio della buona notte e sveglia al mattino con infinita dolcezza. "Roma" è uno straordinario spaccato nostalgico che il regista cileno Alfonso Cuaròn attinge dalla sua fanciullezza, una trasposizione vera e proprio di un momento della sua vita in cui coesistono la casa paterna, la figura memorabile della domestica, i fratelli, i genitori ed il contesto fatiscente che circondava il quartiere dove abitava. Cuaròn scrive e dirige cinema d'autore, un'opera girata con un deciso bianco e nero, con inquadrature ordinate e pulite, la recitazione chiara e precisa, mettendo in scena la vita di un'intera famiglia, le sue genuine dinamiche, un mondo con un'umanità a tratti anche confusa e incerta, davanti al quale la mdp del cineasta rimane attenta ad osservare, cercando di capire ciò che accade alle persone della casa. E' Cleo la protagonista indiscussa, caratterizzata con una dolcezza sottomessa da Yalitza Aparicio, la domestica che elargisce tenerezza e affetto sincero, la donna che si trova ad affrontare un fatto personale inestricabile, una gravidanza inattesa, indesiderata. Ed è qui che Cuaròn accomuna il destino di due donne, Sofia, la padrona di casa, abbandonata dal marito e Cleo, che subisce la stessa sorte quando comunica al compagno della gravidanza. Donne, diverse per estrazione sociale, ma portatrici di certezze emotive importanti, di affetti indiscussi che lo stesso regista custodisce nell'universo dei suoi ricordi adolescenziali, donne che il maschilismo cieco di quell'epoca, relega ad un grado più basso della sfera famigliare e sociale. In "Roma" esiste comunque uno scambio reciproco emozionale tra l'obbediente e sottomessa Cleo ed il resto della famiglia. Tutti apprezzano la benevolenza di questa domestica, la sua sudditanza tacita, la sua preziosa presenza. E Cleo, in un momento di senso di colpa lacerante, comprende che il suo dare amore alle persone di quella famiglia è la salvezza anche per se stessa. "Roma" è un'umanità realistica dietro la mdp, è la soggettività della cinepresa coinvolta dentro i fatti, che mostra la vita che scorre mentre lo spettatore la condivide. Guaròn è riuscito a realizzare un'opera deliziosa. Il montaggio pacato assembla un bagno di realtà, con un richiamo discreto alla stessa cultura del cineasta, alle sue idee, alla sua famiglia ed ai luoghi della sua esistenza, dove gli indigeni furono depredati dei diritti civili che garantivano dignità e rispetto sociale. Cuaròn, qui non solo regista, ma anche sceneggiatore, curatore del montaggio e direttore della fotografia, ci regala un'opera di straordinaria bellezza, una storia in cui l'umanità nelle sue ordinarie sfaccettature è responsabile sì di degradi, ma anche di illuminanti cambiamenti positivi. "Roma" ha vinto: Leone d'oro alla 75a Mostra internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, 3 premi Oscar 2019 ad Alfonso Cuaròn per la miglior regia, la fotografia e miglior film straniero.
(La recensione del film "
Roma" è di
Rosalinda Gaudiano)
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