Roma città aperta di Roberto Rossellini

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IERI OGGI E...

ROMA CITTA' APERTA di Roberto Rossellini

Roma città aperta di Roberto Rossellini Recensione

di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Non si può parlare di neorealismo italiano senza citare uno dei grandi capolavori, se non il capolavoro per eccellenza di Roberto Rossellini. "Roma città aperta" segna una svolta sotto tutti i punti di vista. Nel mondo del cinema è come uno spartiacque che ha la funzione di introdurre uno dei momenti centrali, ai quali hanno fatto (e continuano a fare) riferimento molti autori anche contemporanei: il neorealismo. A livello tecnico, quindi, e non solo, questo film porta con sé tante novità e tanti aspetti fino a quel momento non messi in luce da nessuno. A livello sociale, poi, ha un compito ben preciso: quello di mostrare la realtà dei fatti nuda e cruda, aspetto che colpirà fin da subito tutti gli spettatori. La storia è ambientata a Roma nel 1944. La situazione attuale vede gli alleati già sbarcati in Italia che stanno salendo verso nord, ma che non sono ancora giunti nella capitale, dove, però, è già presente la resistenza. Tra questi, l'ingegner Giorgio Manfredi, un comunista impegnato nel Comitato di Liberazione Nazionale, per sfuggire a una retata della polizia si rifugia presso un tipografo antifascista, Francesco, che il giorno successivo deve sposare Pina, vedova e madre di un bambino. Grazie alla donna Manfredi viene messo in contatto con il parroco, don Pietro, portavoce dei partigiani che non si tira mai indietro quando si tratta di aiutare qualcuno. Grazie al suo aiuto, Manfredi sembra inizialmente riuscire a scampare il pericolo e passare senza problemi i controlli dei soldati tedeschi. In seguito sfugge nuovamente ad un'altra retata mentre Francesco viene arrestato. Nel momento in cui l'uomo viene caricato sul camion che lo porterà via e lo separerà da Pina, la donna scende in strada e, correndo incontro al mezzo di trasporto, inizia ad urlare tutto il suo dolore. Purtroppo, però, le guardie non hanno pietà e Pina muore fucilata, sotto gli occhi inermi del figlio e di don Pietro. Successivamente Francesco, dopo essere riuscito a scappare, si nasconde con Manfredi, nell'abitazione di Marina, artista in un locale insieme a Lauretta, la sorella di Pina. Purtroppo, però, con l'andare avanti del tempo i dissapori tra Marina e Manfredi, in passato amanti, tornano a galla tanto da portare la donna a tradire l'uomo per una partita di droga, denunciandolo a un agente della Gestapo. L'uomo viene, quindi, arrestato insieme a don Pietro e muore, dopo una serie di torture alle quali viene sottoposto. Il parroco, invece, viene fucilato. Intanto, però, Francesco e i suoi ragazzi continuano la lotta e non si arrendono. Sicuramente un film diverso da quelli ai quali lo spettatore dell'epoca era stato abituato fino a quel momento. Come anticipato, sono tante le novità, sotto tutti i punti di vista. Rossellini amava definire questo suo lavoro come "il film della paura" proprio per la sensazione di timore che chiunque prova nel vedere il susseguirsi delle scene e delle azioni: un costante crescendo che sembra non culminare mai in qualcosa di positivo. Non ci sono fazioni; non ci sono buoni o cattivi con i quali o contro i quali schierarsi, ma solo la realtà, nuda e cruda. Il caos della guerra, in tutti i sensi, viene trasposto in qualche modo nella forma e nello stile della narrazione. Una delle grandi novità, infatti, è l'insieme degli errori, più o meno voluti, compiuti dal regista. In primis, sicuramente l'intreccio fin troppo rapido delle vicende che sembrano, in qualche modo, voler prevaricare una sull'altra e che vanno di pari passo con tagli, ellissi, salti improvvisi e movimenti troppo veloci. Si può affermare che non si riesce a trovare una visione univoca perché il punto di vista cambia continuamente. Sembra come se anche il regista stesso fosse costantemente in pericolo e fosse, quindi, costretto a compiere questi errori. La paura che prova lo spettatore si percepisce anche attraverso queste scelte tecniche. Ma non solo il regista è in pericolo costante. Anche chi guarda il film non può farlo in maniera serena e tranquilla perché è come se la situazione mostrata sullo schermo fosse la trasposizione fedele e perfetta di ciò che è successo, ma anche di ciò che potrebbe succedere nuovamente da un momento all'altro. Oltre alla paura c'è, quindi, anche questa sensazione di continuo smarrimento, come se chiunque dovesse stare sempre in guardia. Uno dei momenti sicuramente più significativi da questo punto di vista è la famosissima scena della morte di Pina che chiunque, anche i meno esperti e appassionati, conoscono. La scena (girata solamente una volta, sia per renderla più veritiera possibile, sia grazie alla perfetta interpretazione della Magnani) rappresenta anche l'imprevedibilità, e talvolta l'assurdità, della vita. Mentre solitamente siamo abituati a immaginare preventivamente o comunque ad intuire la morte di un personaggio all'interno di una pellicola e, quindi, a non rimanere sorpresi, in questo caso lo scopo dell'autore è proprio l'opposto. La morte di Pina è improvvisa e assurda come lo è nella vita. Un altro aspetto da prendere in considerazione è anche il linguaggio e l'utilizzo che ne viene fatto. Esso è, infatti, sintomatico di determinate situazioni e determinate persone. Il dialetto e l'enfasi per espressioni relative proprio a questo "gergo" sono rappresentative di tutti coloro che si oppongono fermamente agli ufficiali tedeschi integerrimi e perfetti nella loro dizione e lingua senza alcun tipo di inflessione. A livello di personaggi, invece, merita soffermarsi sull'importanza che Rossellini fornisce alla figura dei bambini. Gran parte della vicenda ruota intorno al piccolo Marcello, vittima di guerra ed emblema dell'innocenza. Ed è proprio il bambino il punto di riferimento, non solo in questa vicenda, ma anche in altre dello stesso autore che spesso si interroga sulla visione del mondo da parte di questi ultimi. Ad ogni modo la notorietà e il successo che il film ha riscosso negli anni è anche dovuto al tempismo perfetto di Rossellini che ha saputo sfruttare al meglio un periodo molto particolare del nostro paese, trasportando sullo schermo il bene e il male dell'epoca. Si è trattato indubbiamente di un momento drammatico e disperato, ma che necessitava di qualcosa per svegliare le persone, il loro animo, il loro modo di vivere e rapportarsi col mondo. E il regista ha saputo cogliere l'opportunità al volo e nel migliore dei modi, realizzando quello che ancora oggi non solo è un caposaldo del neorealismo e del cinema italiano, ma è anche un vero e proprio capolavoro conosciuto nel resto del mondo. Un'ultima nota da sottolineare è quella relativa agli attori. Indubbiamente la menzione speciale va ad Anna Magnani ed Aldo Fabrizi, che diventano noti al grande pubblico dopo questa interpretazione. Da un lato abbiamo un Aldo Fabrizi spesso conosciuto per ruoli comici e più leggeri, ma che riesce a fornire una prova attoriale significativa nelle vesti di don Pietro; dall'altro lato abbiamo quella che, ad oggi, è stata forse la più grande attrice della penisola e che, con la sua interpretazione ha dato veridicità e umanità alla figura tutt'altro che semplice di Pina. Due attori con la a maiuscola per un film destinato a rimanere impresso nella mente di chiunque, esperti del settore e non. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.


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