di M. Marescalco
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Robin Hood L'origine della leggenda recensione] - Probabilmente, la figura di Robin Hood è stata una di quelle dell'immaginario popolare che hanno fatto più comparsate di tutte al cinema. È impossibile, infatti, dimenticare la versione con Errol Flynn ma anche, in tempi più recenti, quella con Sean Connery, Kevin Costner e Russell Crowe. Per non parlare di Robin Hood-Un uomo in calzamaglia di Mel Brooks e dell'adattamento Disney del 1973 in cui il personaggio che ruba ai ricchi per dare ai poveri è rappresentato da una volpe.
Ci aveva già pensato Ridley Scott nel 2010 a dirigere un origin movie sulla figura dell'arciere inglese in un film che non sfiora nemmeno il livello dei suoi prodotti più riusciti ma che riesce comunque a disegnare i contorni di leggenda attorno a Robin Hood e a dotare il personaggio di una certa icasticità. Tutto ciò non si può dire in relazione al nuovo adattamento di Otto Bathurst, che arriverà nelle sale italiane grazie a 01 Distribution a partire dal 22 Novembre.
Nel nuovissimo Robin Hood, Taron Egerton è Robin di Loxley. Al ritorno dalla Crociate, il ragazzo scopre che l'intera contea di Nottingham è dominata dalla corruzione. L'ingiustizia e la povertà che attanagliano il suo popolo lo spingono a tramare per organizzare un'audace rivolta contro la potente Corona d'Inghilterra. Ma, per farlo, Robin ha bisogno di un mentore, un abile e sprezzante comandante saraceno conosciuto durante la guerra. Grazie a lui, il temerario Robin si trasformerà nel leggendario Robin Hood e, forse, cercherà anche di riconquistare il cuore di un amore che credeva ormai perduto.
Di sicuro non si sentiva il minimo bisogno di questo film che azzera completamente il fascino, il senso di generosità e l'alone di mistero che circondavano il personaggio di Robin Hood. L'universo portato in scena è sporco e cattivo, i ricchi sfruttano i poveri, ogni arabo è trattato come un terrorista e la cattiveria e l'intolleranza sono al limite del sopportabile. Lord Loxley è un giovane reduce dalle Crociate con evidenti disturbi post traumatici da stress. Il ragazzo non vuole essere un eroe ma la situazione in cui versa il suo villaggio lo costringe ad indossare la maschera. Da lì in poi, il film affastella slow motion, inquadrature accelerate, sparatorie in stile video-game. La macchina da presa segue ogni evoluzione aerea dei corpi che si slanciano come se non risentissero della benchè minima forza di gravità. Sembra Matrix eppure è un eroe popolare del Regno Unito che si è affermato nell'immaginario condiviso sulla base di caratteri totalmente differenti.
Al Robin Hood di Taron Egerton manca l'afflato epico, reso totalmente assente dall'overdose di effetti speciali che allontanano ogni sensazione di realismo. Tutto è caricato allo sfinimento, dagli effetti visivi (che trasformano, come già detto, un film in videogame) all'uso di scenografie e costumi quasi steampunk (stile che crea un evidente cortocircuito con la storia raccontata). Non ce ne vogliano i videogame, tantissimi film hanno applicato alla costruzione della propria narrazione la logica dei videogame raggiungendo straordinari traguardi. Semplicemente, cozza tantissimo l'applicazione di questa logica ad un racconto appartenente alle leggende popolari. Ed è un peccato che una mitologia sia stata piegata ad un consumo da fast-food e ad un meccanismo di usa e getta che fa dimenticare tutto nel giro di dieci minuti.
(La recensione del film "
Robin Hood L'origine della leggenda" è di
Matteo Marescalco)
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