di R. Baldassarre
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Riparare i viventi recensione] - La prima riflessione che sorge allo spettatore (e maggiormente al critico) affrontando la visione di Riparare i viventi di Katell Quillévé, è come viene trattata, attraverso la costruzione narrativa, la tematica presente nel film. Tratto dall'omonimo Best-Seller di Maylis de Kerangal, e passato alla 73º Mostra del Cinema di Venezia, dove ha ricevuto accoglienze critiche discordi, Réparer les vivants è un dramma che tratta di morte, dolore e donazioni d'organi. Tematiche delicate che possono facilmente far scivolare la storia in una drammaturgia spiccia e ricattatoria. Su questo livello, cioè Best-Seller letterario da trasformare rapidamente in film, Riparare i viventi marca una forte distanza con opere similari di produzione hollywoodiana, che fanno leva emotiva spesso e volentieri su scene madri costruite artificiosamente, e con attori/divi superbi nella loro recitazione, ma posticci. Questo primo aspetto analitico conferma come molto cinema francese sia ancora capace di mantenersi in equilibrio tra la qualità e la commerciabilità, in cui gli aspetti emotivi del dramma riescono anche a elevarsi a spunti di riflessione non d'accatto. Riparare i viventi è un dramma umano senza un – vero – protagonista, ma con tanti personaggi che entrano ed escono dalla storia, e i cui sentimenti, le loro emozioni e i loro problemi, si affastellano nel flusso caotico della trama filmica, e cioè quella che è la vita reale. Figure umane che entrano nella vicenda e a volte sono tratteggiate solamente con brevi caratteristiche, però sufficienti a dargli una pregna consistenza. Attraverso questi elementi umani si viene a comporre un vivido affresco cinematografico dove a momenti frenetici si accostano pause narrative di contemplazione (i singoli personaggi nel centro dell'inquadratura colti in attimi di riflessione o smarrimento). Quest'aspetto di costruzione narrativa per immagini, ricorda certe forme emotive di Michael Mann, in cui i personaggi, calati in turgide e convulse trame d'azione, hanno momenti di smarrimento e solitudine, e staccati dagli altri per un attimo guardano l'orizzonte. La regista Katell Quillévé, e il co-sceneggiatore Gilles Taurand, fanno sfociare le forti emozioni dei personaggi già presenti nel libro, ma le "raffreddano" circoscrivendole in attimi. Il pianto in primo piano dei genitori di Simon, interpretati ottimamente da Emmanuelle Seigner e Kool Shen, viene poi "smorzato" dalle seguenti scene in cui i due si nascondono (e si proteggono) nel silenzio del quotidiano. Questa parte della storia fa tornare alla mente l'incensato La stanza del figlio di Nanni Moretti, in cui il dolore per la morte del figlio e la seguente resilienza dei genitori veniva mostrata in modo troppo programmatica. Le emozioni interiori dei personaggi pulsano attraverso i volti, e la Quillévé utilizza molto il Primissimo Piano, e la pellicola si apre e si chiude sui volti; all'inizio sul volto angosciato di Simon racchiuso nell'oscurità, e in chiusura su quello rinato di Claire, avvolto dalla luce.
(La recensione del film "
Riparare i viventi" è di
Roberto Baldassarre)
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