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Rifkin's Festival recensione] - E' dal 1994, il film era Pallottole su Broadway, che chi scrive, con regolare cadenza annuale, va a vedere l'ultimo film di Woody Allen. E adesso, in questa bizzarra epoca del #metoo qualcuno vorrebbe toglierci questo piacere, boicottando i film del regista, perchè qualcuna si è ricordata di essere stata violentata da Allen 30 anni fa, quand'era ancora bambina. Non importa che ci sia già una sentenza del tribunale che ha giudicato quelle accuse infondate, in questa bizzarra epoca del #metoo se non sei una donna o un nero, ogni denuncia diventa un marchio indelebile e si agisce quindi di conseguenza, censurando, ostracizzando, ripudiando, infamando. Il maschio bianco deve espiare tutte le colpe commesse in passato, si può obiettare. Magari è così, magari l'umanità tutta è rinsavita di colpo, poi però le elezioni le vincono la lega e fratelli d'Italia!
Parentesi: Mia Farrow, divorziata 2 volte, 14 figli di cui 10 adottati dei quali 2 allontanati e 3 morti prematuramente, 2 dei quali suicidatisi. Il mostro però è lui. Perché all'inizio della relazione con Soon-Yi lui aveva 57 anni e lei 22. Mia Farrow quando si sposò con un tale di nome Frank Sinatra aveva 21 anni e lui 50. Fortunatamente noi italiani siamo meglio di come ci dipingiamo, siamo di sicuro meglio di quei bigottoni perbenisti degli americani e noi i film di Woody Allen ancora li distribuiamo e li coproduciamo perfino, nonostante la pandemia, come questo Rifkin's Festival. Quindi caro Woody non ti preoccupare, delle accuse, le maldicenze, i voltafaccia di attori ingrati non ti preoccupare di contratti strappati e parole rimangiate, qui ci sarà sempre qualcuno ad accoglierti, qualcuno che dal '94 va al cinema a vedere ogni anno il tuo nuovo film. E ci andrà anche se il film, come questo "Rifkin's Festival", non è propriamente un capolavoro, ormai sono decenni che va così e forse non è nemmeno giusto pretendere da te un altro capolavoro dopo i tanti che hai fatto, a 85 anni è più che comprensibile tendere alla levità, allo svago, al disimpegno, noi lo sappiamo e per questo ti perdoniamo se la tua proverbiale leggerezza finisce per sfociare sempre più spesso nell'evanescenza, se da decenni riproponi gli stessi temi, l'irrazionalità dei sentimenti, la funzione salvifica dell'arte, l'ironia su un certo ambiente tanto intellettuale quanto vanaglorioso, la meraviglia fanciullesca come fuga dalla realtà, l'insanabile conflitto tra essere e voler essere, tra ragione e sentimento, con minime varianti senza più alcuna voglia di approfondimento, i dialoghi superficiali, le situazioni forzate, le risoluzioni frettolose, lo stile svogliato. Beh, sappi caro a Woody, che a noi basta, a noi basta una trovata ogni tanto, anche se un po' fine a se stessa, come il viaggio nel tempo di Midnight in Paris o qui le parentesi oniriche che sono citazioni dei film che hai sempre citato e amato, Fellini, Bergman, Truffaut, Godard, Bunuel, a noi basta l' autoironica ambientazione festivaliera che fu già di Stardust memories con le innocue battute su registi tromboni e giornalisti compiacenti, la rappresentazione macchiettista del mondo del cinema e della cultura in genere, a noi basta vedere Wallace Shawn che fa il tuo alter ego come già Jesse Eisenberg, Kenneth Branagh o Larry David, ci basta anche se immaginarlo compagno di Gina Gershon è impresa ardua, ci basta perchè lo vediamo e ci torna in mente la sua apparizione in Manhattan e ci basta.
(La recensione del film "
Rifkin's Festival" è di
Mirko Nottoli)
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