Se è difficile fare un film-documentario su una realtà che si presta particolarmente ad essere romanzata, tanto varrebbe rinunciare al documentario e buttarsi sul romanzo. E' il consiglio tardivo alla regista, attrice e sceneggiatrice francese Ma?wenne Le Besco, creatrice e (ingombrante) protagonista di "Polisse", aspirante reportage finito in tragedia (nel senso letterario-recitativo del termine). E' evidente che la sua frequentazione del reparto BPM (Brigade de Protection des Mineurs) a fini documentaristici ha ispirato l'artista in modo così pervasivo da impedirle una visione asettica del lavoro e dei retroscena di questi angeli armati, alfieri coraggiosi in un mondo colluso e corrotto. Eccola dunque calarsi – è accertato che la modestia non le si confà – nei triplici panni di art director, autrice dei testi e protagonista femminile della sua narrazione imperfetta di una Francia sommersa, occultata, dove l'abuso e l'aberrazione convivono caoticamente con il tentativo di governarli e di reprimerli. Il suo è un focus astigmatico, un'altalena di toni e di colori che virano velocemente dall'oggettività più cruda al romanzetto sentimentale. La storia d'amore di cui rende protagonista la sua Mélissa, fotografa a caccia di verità amare che si invaghisce di un ribelle del BPM, sposta una cronaca lucida e sgranata sotto la lente multifocale della finzione, finendo col devastare una trama che sarebbe stata perfetta se lasciata allo stato brado, svolta con apparente casualità e con gelida approssimazione, in un affastellarsi iper realistico di voci e di volti molto simile a quello scelto dai registi di altri film-verità come "Cous cous" e "La classe". L'alternativa, non meno lodevole, sarebbe stata la decisione, presa in coscienza e coerentemente con le proprie ansie di protagonismo romantico, di umanizzare il reportage fino in fondo, di ramificare il plot esplorando le psicologie dei vari personaggi, di narrare e basta. La mancata armonia tra le sue due anime, quella razionale e quella emotiva, rimane la pecca lampante di un lavoro altrimenti onesto, nato sotto i migliori auspici.
(La recensione del film "
Polisse" è di
Elisa Lorenzini)
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