NIENTE DA DICHIARARE
Recensione
recensione di M. S. Sanna
Circa tre anni fa l'attore, regista e sceneggiatore francese Dany Boon se n'è uscito con Giù al Nord (titolo originale: Bienvenue chez les Ch'tis, 2008), commedia aggraziata e demistificante contro i pregiudizi campanilistici. Incassi da record in patria (è stato il film che ha incassato maggiormente nella storia del cinema francese), soggetto rivenduto anche in Italia dove Luca Miniero ha diretto Claudio Bisio in Benvenuti al Sud e sta per tornare in sala (nel 2012) con il sequel Benvenuti al Nord. Così, oltralpe devono aver pensato che fosse arrivato il momento di bissare il successo. E, come si fa spesso in questi casi, hanno preso la formula e l'hanno applicata a un nuovo film. Il soggetto è simile: sempre di pregiudizi geografici e di inevitabili costrizioni lavorative si tratta, ma questa volta a farne le spese sono un doganiere francese e uno belga alle prese con la soppressione dei controlli doganali fra i Paesi europei. Complicano le cose la spiccata xenofobia antifrancese del belga e l'amore clandestino dell'altro nei confronti di sua sorella. Anche in questo caso la vicinanza serve ad abbattere i pregiudizi con una serie di situazioni comiche surreali e farsesche e una morale facilotta anche se non del tutto redentiva. Solo che non sempre le ricette conferiscono al prodotto finale lo stesso sapore –in Italia Pieraccioni, che dopo qualche buon film si è dato al cookie-cutter movie, ne è la riprova. Ci sono gag ben riuscite e qualche personaggio originale, come il guitto spedizioniere di cocaina interpretato da Bruno Lochet (quando si dice il phisique du rôle!), ma complessivamente quella mica salis che avrebbe reso il film veramente degno di essere ricordato. Allo stesso tempo i personaggi sono macchiettistici e persino eccessivi nella propria bidimensionale semplicità favolesca, tanto da far perdere alla storia il necessario gancio con la realtà. Anche il cast fa il suo: Benoît Poelvoorde nei panni del doganiere francofobo non è paragonabile al bonario seppur truffaldino impiegato delle poste Kad Merad, protagonista di Giù al Nord. Tanto il primo è urlante, sguaiato e privo di sfumature, così il secondo è complesso e arguto, di una comicità lieve, che non ha bisogno di aggredire lo spettatore con atteggiamenti sopra le righe. Anche spassoso in qualche momento, ma un po' troppo diluito e privo di un vero mordente, il nuovo film di Dany Boon delude le aspettative e fa rotolare il cineasta francese nella pozza dei registi proni a un mercato di incassi facili e prevedibili. (recensione di Maria Silvia Sanna)