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recensione marigold hotel] - Chi l'ha detto che gli stereotipi non giovano al cinema? Nel caso di "Marigold Hotel", colorato e ridondante romanzo corale firmato dal regista John Madden (autore di "Shakespeare in Love" e del "Mandolino del capitano Corelli"), la pesca nel mare magnum dei luoghi comuni sull'India e sulle idiosincrasie degli inglesi produce discreti risultati. La storia è una summa sfacciata di echi neocolonialisti e fascinazioni new age: una ciurma di pensionati del Regno Unito si ritrova in un fatiscente resort di Jaipur – il "lussuoso" Marigold Hotel, appunto – che il suo istrionico gestore, Sonny Kapoor, spaccia online per soluzione placebo ai mali della vecchiaia. Dalla coppia matura in odor di scoppio all'ex giudice innamorato del suo passato, dalla colf xenofoba prossima a redimersi all'anziana tecnofila in cerca di una svolta, il parco-ospiti del Marigold incarna tutti i preconcetti sulla concezione dell'Estremo Oriente cullata dagli occidentali: un Eldorado mistico e visionario in cui espiare colpe e promesse mancate, dove la spiritualità è spicciola come la fame e tutto sembra possibile. Ma, al di là della facile interpretazione del viaggio in India mutuata dai classici (Forster docet) e da pellicole di successo (vedi "Passaggio in India" di Davin Lean e il fortunato "The Millionaire" di Danny Boyle), al film di Madden va il merito di aver architettato una trama corposa e ben oliata, un meccanismo narrativo che incanta e coinvolge. E' una visione del cinema, quella del regista inglese, consacrata alla fiction, dedita alla più elementare – ma spesso glissata, per snobismo – missione dell'arte visiva: far sognare. Via dunque alle follie cromatiche, agli odori speziati e al caos sporco e puro dell'India da manuale. E lunga vita all'eterna tentazione dell'esotico che avviluppa la razionalità occidentale. Non importa quanto abusati siano i cliché sull'eterno confronto tra l'Ovest e l'Est del mondo, quanto intimo razzismo vi sia in questa immagine patinata della miseria e quanto semplicismo nella pretesa dei vari personaggi di ritrovare se stessi con un bagno di folclore: "Marigold Hotel" rimane, anche grazie alla maestria del suo splendido cast, un'opera sontuosa e scorrevole, un omaggio al potere del cinema di rendere plausibile l'impossibile.
(La recensione del film "
Marigold Hotel" è di
Elisa Lorenzini)
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