LIKE CRAZY
Recensione
recensione di F. Tiberi
Diretto dal giovane Drake Doremus, Like Crazy, si presenta come un piccolo capolavoro indipendente che fa umilmente capolino nel cinema statunitense, proponendo una gradevolissima alternativa ai popcorn movies romantici che Hollywood sforna continuamente.
Il tema centrale è il primo amore, quello travolgente e intenso, che oggi nasce sempre più spesso tra persone originarie di posti diversi. Il regista non risparmia nulla nella messa in scena: momenti romantici, euforici, come quelli torbidi e ambigui, resi attraverso uno sguardo intimo e personale, che denota il carattere biografico di questa sua terza opera.
Jacob (Anton Yelchin) e Anna(Felicity Jones) studiano a Los Angeles. Lui è un giovane designer di mobili in legno, lei una promettente scrittrice con il pallino del giornalismo. L'ultimo giorno di corso lei lascia una lettera sul parabrezza della macchina di lui. Dal primo incontro trovano un loro linguaggio, fatto di parole scritte e di sguardi intensi. È chiaro che i due daranno vita ad un legame molto profondo. L'università finisce e il visto studentesco di Anna scade, ma lei decide ugualmente di rischiare e di rimanere altri due mesi a L.A., per vivere quel turbinio di sentimenti che c'è tra lei e Jacob. Quando, dopo essere ripartita per Londra, decide di tornare a trovare il suo ragazzo, viene fermata alla dogana per aver violato il suo visto e il sogno d'amore sembra spezzarsi. La relazione diviene tesa, scandita da sms o brevi telefonate carichi d'ansia o senza risposta. I due arriveranno a sposarsi, nella speranza di affrettare i tempi della burocrazia, ma le cose si riveleranno più complicate di come Anna e Jacob le immaginavano.
La regia di Doremus colpisce per le influenze europee piuttosto preponderanti, che vanno dalla nouvelle vague francese, da cui riprende l'uso della camera a mano, l'assenza di scenografie artefatte, di una sceneggiatura troppo stringente e l'aderenza alla realtà dei sentimenti, all'universo pessimista di Lars von Trier, nella scelta del sottotesto emozionale, della rappresentazione del rapporto fra i personaggi e della fine del film, che per Drake rappresenta un nuovo inizio, reso difficile dalla lunga distanza.
Attraverso l'uso di una fotografia delicata, che sfrutta le luci naturali e i colori pastello, più vivi nei momenti romantici e felici e più spenti nei momenti di tensione e angoscia, si riescono a percepire meglio i sentimenti vissuti dai due protagonisti, che hanno recitato puntando molto sull'improvvisazione.
Il film offre lo spunto per una interessante riflessione sulle relazioni sentimentali a distanza, portate avanti attraverso internet e i vari social network, che spesso si rivelano degli schermi dietro cui celare incertezze e sentimenti falsi o svaniti. In tal senso la scelta di trattare questo argomento risulta originale, perché Doremus pone l'attenzione una storia e un problema universale, che potremmo definire "precariato dei sentimenti" senza scadere nel banale, ma piuttosto aprendo uno scorcio interessante su una delle conseguenze della globalizzazione.
(recensione di Francesca Tiberi)